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Indi Gregory, un altro no all'appello: quando staccheranno le macchine

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Antonio Sbraga
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Il Big Ben ha detto stop: anche per la Corte d’Appello di Londra, infatti, deve essere staccata la spina delle macchine che tengono in vita Indi Gregory. Potrebbe morire oggi  la bimba di 8 mesi affetta da una grave malattia mitocondriale se non arriverà l’agognata svolta in grado d’interrompere la «deadline», come ormai la chiamano i legali della famiglia Gregory. I colleghi inglesi del pool che ieri si è visto respingere l’ultimo appello dei genitori e negare il ricorso alla Convenzione dell'Aja per il suo trasferimento all’ospedale Bambino Gesù di Roma stanno lottando contro il tempo della nuova scadenza per il distacco dei sostegni vitali della bimba. E potrebbero impugnare la sentenza davanti alla Corte europea dei diritti dell’uomo come estremo tentativo per non far staccare la spina. Anche se ieri, nel corso delle circa 4 ore dell’udienza, il giudice inglese Peter Jackson ha definito l'intervento italiano in favore della neo -connazionale Indi, «non nello spirito della Convenzione» dell’Aja.

 

Quella a cui si è richiamato l’appello presentato dal console italiano di Manchester, Matteo Corradini, divenuto giudice tutelare di Indi dopo il conferimento alla piccola della cittadinanza italiana. Corradini si è infatti rivolto alla Corte d’appello inglese per chiedere di cedere all’Italia la giurisdizione sul caso, in base alla Convenzione dell’Aja, che dal 1996 regolala protezione dei minori. Però, secondo i giudici d’oltre Manica, i tribunali inglesi sono nella posizione migliore per valutare «l'interesse superiore» della bambina, quindi a loro avviso non è necessario un tribunale italiano. E nemmeno un ospedale italiano, come pensano i medici del Queen's Medical Center di Nottingham, dove è ricoverata la bambina.

Neanche dopo l’ultimo, disperato appello rivolto dal padre di Indi, Dean Gregory: «Pensiamo che sia nel miglior interesse di Indi venire in Italia per ricevere le cure che potrebbero aiutarla a respirare, aprendo una valvola attraverso l'impianto di uno stent, per poi poterci concentrare sulla sua malattia mitocondriale che può essere trattata con queste terapie. Sappiamo che Indi è una combattente, lei vuole vivere, e non merita di morire».

 

Il protocollo indicato dall’Ospedale Bambino Gesù, infatti, «prevede l’applicazione di uno stent all’efflusso del ventricolo destro per la gestione della condizione cardiologica e trattamenti sperimentali» per una malattia che è stata scoperta nel 2013 dall’Università di Bari insieme ad un’equipe israelo-palestinese. «L'ostinazione dei giudici inglesi nel voler mettere fine alla vita di questa piccola combattente nonostante il parere medico contrario dell'Ospedale Bambino Gesù è qualcosa di semplicemente satanico - commenta il portavoce dell’associazione Pro Vita & Famiglia onlus, Jacopo Coghe-L’Autorità nazionale italiana per l'infanzia el'adolescenza ha oggi scritto una lettera urgente a quella britannica». Però l’estrema corsa contro il tempo ormai è stata innescata nella città del Big Ben. Dove, per sentire un nuovo stop, ma stavolta all’esecuzione della sentenza, servirà un miracolo. 

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