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La piccola Indi Gregory non va dimenticata

Davide Vecchi
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C’è qualcosa di profondamente fastidioso nella reiterata decisione della Corte inglese di bloccare il trasferimento in Italia della piccola Indi Gregory. Ieri per la terza volta ne è stato decretata la morte e per la terza volta fissato il giorno dell’esecuzione: lunedì. Non è finora servito il riconoscerle la cittadinanza italiana, come fatto d’urgenza dal Consiglio dei ministri, così come inutile si è rivelato l’appello del console. Ieri il capo del Governo, Giorgia Meloni, ha inviato una lettera al Lord Cancelliere del Regno Unito «al fine di sensibilizzare le autorità giudiziarie» inglesi appellandosi alla convenzione dell’Aja affinché Indi possa essere trasferita all’ospedale Bambino Gesù di Roma.

La fermezza della Corte appare totalmente ingiustificata e alimenta il dubbio che sia frutto della volontà di mostrarsi autonomi e superiori a un altro Stato, quello italiano. Una presa di posizione deleteria per l’immagine stessa dell’Inghilterra, spietata e cinica. Cosa ne è del Paese che con Re Giovanni nel 1215 firmò la Magna Carta, la base dei diritti umani? E si può consumare un braccio di ferro sulla vita di una neonata? L’esecuzione è fissata per lunedì. Fino all’ultimo istante mi auguro che l’Italia faccia sentire la propria voce. Perché noi siamo umani e rispettiamo la vita.

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