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Migranti, rimpatri aumentanti del 32 per cento. Piantedosi: è solo l'inizio

Dario Martini
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All’hotspot di contrada Imbriacola, a Lampedusa, il via vai dei migranti è continuo, sia in ingresso che in uscita. Alle 10 del mattino due pullman con gli ultimi 63 profughi sbarcati entrano nel centro d’accoglienza gestito dalla Croce Rossa. Un quarto d’ora dopo arrivano il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi e la commissaria europea agli Affari interni Ylva Johansson per un sopralluogo alla struttura. La responsabile all’immigrazione della squadra di Ursula von der Leyen si rende così conto in prima persona della pressione che deve gestire l’Italia: «Sono particolarmente colpita dal lavoro che viene fatto qui ogni giorno, da tutti coloro che lavorano per offrire le condizioni migliori a chi arriva su quest’isola-dice al termine della visita - Ringrazio il governo, le associazioni, la guardia costiera e la polizia. Grande lavoro anche della Croce rossa che in pochissimo tempo ha migliorato questo hotspot». È anche l’occasione per porre l’accento sull’altro lato della medaglia: il contenimento degli arrivi.

 

«L’obiettivo è rendere sempre più efficace il sistema dei rimpatri», spiega Piantedosi, che svela un cambio di passo proprio su questo fronte: «Nei primi sei mesi di quest’anno abbiamo registrato un primo timido e modesto segnale di miglioramento dei rimpatri, con un incremento in più rispetto all’anno precedente», pari a oltre 500 migranti. Per la precisione sono 536 in più. Infatti, i rimpatriati dal primo gennaio al 2 luglio sono stati 2.176, mentre nello stesso periodo del 2022 erano 1.640. Un aumento del 32%. Sono soprattutto tunisini (971), albanesi (343), marocchini (205) ed egiziani (167).

Quello dei rimpatri è uno degli aspetti più significativi della strategia del governo. L’obiettivo è velocizzare le pratiche subito al momento dello sbarco. «Il tangibile miglioramento nella gestione dell’hotspot di Lampedusa è conseguenza anche dei provvedimenti approvati dal governo a Cutro che anticipa la filosofia del patto approvato in Lussemburgo», dice il titolare del Viminale. Il decreto varato dopo la tragedia di Cutro risale a inizio marzo, mentre il patto dei ministri dell’Interno della Ue in Lussemburgo risale al 9 giugno. «Abbiamo creato un sistema in base al quale la distribuzione sul territorio possa trovare sollievo dalla possibilità di creare, a regime, nei paesi di primo ingresso degli hotspot di prima gestione del fenomeno dove realizzare le procedure accelerate di frontiera - aggiunge Piantedosi - Partiremo fra un mese con l’individuazione di un luogo in cui fare queste procedure. Prevediamo che nel rapporto tra distribuzione regionale e rimpatri ci sia un beneficio rispetto a prima».

 

La commissaria Johansson, esponente della socialdemocrazia svedese, ricorda che «questa non è solo una sfida italiana, ma europea». E, rivolgendosi a Piantedosi, garantisce: «Non siete soli». Poi aggiunge: «Siamo molto soddisfatti dei risultati ottenuti nel Consiglio Giustizia e Affari interni, abbiamo raggiunto una maggioranza solida. È un grande successo che ci siano solo due Paesi contrari». Il riferimento è a Ungheria e Polonia che non accettano il meccanismo di solidarietà per quanto riguarda i ricollocamenti all’interno della Ue. «Non capita mai che si raggiunga l’unanimità. Se qualche Paese non si adopera nel ricollocamento deve pagare i Paesi che si mettono a disposizione». E su questa questione interviene anche il vicepremier Matteo Salvini: «Sull’immigrazione l’Europa non muove un dito da decenni. Prima che dicessero qualcosa polacchi e ungheresi, l’Europa ha fatto qualcosa? Perché non vogliamo riproporre a livello europeo il governo che in Italia, in otto mesi, ha fatto tanto?». 

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