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Cospito, Lupacchini: "Gli va impedito di morire per non creare un martire"

Francesca Musacchio
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Otello Lupacchini, cosa pensa della vicenda Cospito e le azioni degli anarchici? «La mia sensazione è quella di un déjà vu. Già all’epoca del sequestro Moro, una parte dello Stato oppose il rifiuto a trattare con i terroristi. Conseguenza: i terroristi si autolegittimarono assassinando Moro. Qualcuno, più intelligentemente, aveva cercato di far capire che se lo Stato non gestiva politicamente il fenomeno, sia pure per ragioni umanitarie, ne sarebbe derivato un danno per lo Stato stesso che si dimostrò insensibile alle esigenze di liberazione di Aldo Moro, assai sensibile, qualche tempo dopo, a quelle di Ciro Cirillo».

E oggi, invece, cosa accade?
«Abbiamo una situazione per qualche aspetto analoga. C’è un individuo che vuole mettere lo Stato all’angolo: nel momento in cui non gli garantisce il diritto alla salute lo Stato si espone a un rischio, finendo col negare se stesso. Accettare di fatto la sfida di Cospito, il cui scopo è quello di esasperare la situazione, mettendo anche in conto il sacrificio della vita, significherebbe prestarsi al gioco degli anarchici: l’azione congiunta tra il terrorismo esterno e quella non meno violenta di Cospito all’interno del carcere, finiscono per mettere lo Stato all’angolo».

Come se ne esce?
«Se ne esce gestendo politicamente la situazione: ti consento, anzi ti impongo, di non morire, adottando tutti i provvedimenti e le misure per evitare che tu ti suicidi, ma non di uscire da dove ti trovi, se non per provvedimento dell’autorità giudiziaria. Solo così, per un verso, come Stato, impedirei che gli anarchici abbiano il proprio martire e che, per altro verso, vada a buon fine la campagna contro il 41 bis condotta con quei metodi».

 

Cosa dovrebbe fare lo Stato?
«Lo Stato ha già fatto: ha garantito che il detenuto sia curato in una struttura adeguata e, aggiungo, se necessario, potrà imporre un trattamento sanitario obbligatorio per impedirne il suicidio per inedia. Si attenderà così la decisione della Cassazione sull’ammissibilità del 41 bis non in generale, ma nel caso particolare».

Questo fermerà le azioni degli anarchici?
«Non so se fermerà gli anarchici, ma salvaguarderebbe lo Stato dall’essersi fatto complice della follia anarchica venendo meno al dovere di tutela della salute del detenuto. Il trattamento sanitario obbligatorio, come pratica per impedire il suicidio messo in conto quale azione di protesta estrema, è qualcosa di doveroso ma anche di molto diverso dal dir "purché non muoia lo mettiamo fuori dal 41bis"».

Questo caso ha segnato un ritorno degli anarchici?
«Gli anarchici non sono mai andati via. Sono lontanissimo dagli anarchici, sia per idee sia per cultura, sia per il lavoro che ho fatto e per le minacce da loro rivoltemi. Ma questo non mi impedisce di guardare il problema con lucidità. Bisogna impedire che portino a segno il colpo: lo Stato deve comportarsi da Stato, tutelando la salute di tutti i cittadini, anche quella dell’anarchico Cospito. E lo deve fare non cedendo a quelle che sono le sue richieste, ma anche evitando le conseguenze letali della sua sciagurata azione, che lo trasformerebbero in un martire. La Cassazione stabilirà, in piena autonomia e indipendenza, se le ragioni del 41 bis sono giustificate e se sono ancora sussistenti, ma lo farà in piena autonomia, sottratta al ricatto che possa morire».

 

Oggi gli anarchici sono più pericolosi?
«Gli anarchici, a mio avviso, sono stati sempre pericolosi. Il fenomeno anarco-insurrezionale è stato sempre sfuggente. Le indagini non sono mai andate oltre certi livelli e soprattutto non hanno spesso conseguito risultati utili. Ovviamente, la guerriglia da loro portata avanti è a bassa intensità e non si è mai fermata. Vogliono portare lo Stato all’esasperazione per poterne trarre vantaggio».

La destra al governo ha alimentato le attività degli anarchici?
«La contingenza vuole che i 100 giorni di digiuno di Cospito coincidano con i 100 giorni del governo Meloni, ma bisogna tener conto che il 41 bis è stato comminato dalla Guardasigilli Marta Cartabia e non per i reati commessi e per i quali è stato condannato; bensì per impedirgli di avere contatti con l’esterno. Il governo su queste valutazioni è rimasto estraneo. Gli attacchi, più o meno espliciti al Ministero diretto da Carlo Nordio, hanno un sapore fin troppo strumentale. C’è senza’altro chi spera nel successo dell’operazione a tenaglia degli anarchici per togliersi dai piedi un Ministro scomodo». 

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