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Migranti, altri guai per la Francia: l'inchiesta e le colpe di Parigi sulla strage nella Manica

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In piena crisi dei migranti tra Francia e Italia, indagini sulle circostanze della morte di 27 migranti nella Manica nel novembre 2021 fanno emergere responsabilità dirette dei soccorritori francesi, sollecitati a più riprese, per il loro mancato intervento e un rimpallo con i colleghi britannici. Lo riferisce il quotidiano Le Monde che rende note le registrazioni telefoniche di quella tragica notte del 24 novembre di un anno fa, nell’ambito dell’informazione giudiziaria in corso per fare piena luce sulla sciagura avvenuta durante la traversata della Manica, in partenza dalle coste francesi per raggiungere quelle britanniche. Le comunicazioni registrate tra l’imbarcazione naufragata e il Cross, il Centro regionale operativo di sorveglianza e di salvataggio marittimi (Cross) di Gris-Nez, nella regione del Pas-de-Calais, rivelano che nel giro di tre ore i soccorsi francesi sono stati contattati un certo numero di volte. Nonostante le molteplici chiamate, sembra che nessun mezzo dalla parte francese sia stato inviato in soccorso dell’imbarcazione. Informazioni e versione dei fatti confermate da un documentario britannico, The Crossing, trasmesso oggi nel Regno Unito su ITV.

 

 

Le Monde fa notare che sono stati contattati anche i soccorsi britannici, ma il rapporto delle loro attività non è stato ancora allegato all’inchiesta. Quella notte, dei 34 passeggeri a bordo, solo due furono salvati vivi e cinque non furono trovati. Tra le 27 vittime c’erano sei donne e una ragazza. Si tratta del naufragio più grave da quando negli ultimi anni i migranti partono sempre più numerosi per raggiungere l’Inghilterra a bordo di gommoni di fortuna. «Abbiamo bisogno di aiuto, per favore. Per favore, aiutaci» ha supplicato uno dei naufraghi in linea con il Cross. «Se non ho la tua posizione, non posso aiutarti. Mandami subito la tua posizione e ti manderò una barca di soccorso il prima possibile» ha ripetuto più volte l’operatore al telefono. Ma una volta che la posizione è stata inviata, nessuna barca di salvataggio è stata inviata. Invece, l’operatore ha contattato il centro di coordinamento dei soccorsi inglese a Dover, riferendo di avere «una canoa vicino al tuo settore. Vi darò la sua posizione perché è a 0,6 miglia nautiche dalle acque inglesi». Ma nessuno è intervenuto ed entrambe le parti si danno ostinatamente la responsabilità. 

 

 

I soccorritori francesi hanno anche fatto una seconda chiamata, alle 2:28, ai loro colleghi britannici per segnalare la barca. Ma secondo i documenti trasmessi dal Guardian, alle 2:44, la guardia costiera inglese ha segnalato a Gris-Nez che il segnale di linea del telefono di un passeggero era francese e che quindi consideravano la barca in acque francesi. Durante la sua audizione in custodia della polizia, uno dei sopravvissuti, Ahmad Shexa, ha riferito che i soccorritori inglesi avevano detto loro che «quando sono arrivati lì, le onde ci avrebbero portato nelle acque territoriali francesi, e quindi non sono venuti». Sempre secondo le stesse registrazioni, intorno alle 3:30 un altro passeggero ha chiamato per dire che si trovava «in acqua», ma il Cross ha risposto: «Sì, ma sei in acque inglesi». 

 

 

Poi quando l’operatore ha tentato di trasferire la chiamata a Dover, la comunicazione si è interrotta, abbandonando il migrante al proprio destino. Intorno alle 4 del mattino, durante l’ennesima richiesta di aiuto, l’operatore ha nuovamente chiesto la posizione. Secondo la portavoce della prefettura marittima francese, Vèronique Magnin, intervistata da Le Monde, «nessun elemento lascia pensare che non ci fosse coordinamento tra i due centri operativi». Per un operatore francese identificato come Clèment G., «il lavoro è stato ben fatto con i mezzi a nostra disposizione. Penso che questi poveretti siano stati sfortunati.» Diverse associazioni di aiuto ai migranti hanno espresso il loro «sgomento» dopo le rivelazioni del quotidiano francese, giudicate «insopportabili».

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