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Voti di scambio, bufera sulla sanità lucana

Angela Bruni
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Oltre cento indagati, indagini che sono andate avanti per due anni e che hanno portato all’arresto del capogruppo di Forza Italia in Consiglio regionale della Basilicata, che ha formalizzato le proprie dimissioni dall’assise regionale. Un’inchiesta che vede tra le persone coinvolte il presidente della Regione Vito Bardi e due assessori della sua giunta: Donatella Merra, a Infrastrutture e Trasporti, e Francesco Fanelli, alla Sanità, delega appartenuta all’ex assessore Rocco Leone, anche lui nell’inchiesta. In totale sono un centinaio le persone indagate nell’ambito dell’indagine della Dda della Procura di Potenza, diretta da Francesco Curcio. Tra loro il neoeletto senatore di Fdi Gianni Rosa. E ancora: ai domiciliari il sindaco di Lagonegro, Maria Di Lascio, dirigente amministrativo e segretario generale della Giunta lucana, l’assessore Francesco Cupparo, per il quale è scattato il divieto di dimora a Potenza, il direttore dell’ospedale San Carlo, Giuseppe Spera. Le ipotesi di reato a carico degli indagati, a seconda delle posizioni processuali, sono induzione indebita, tentata concussione, corruzione, traffico di influenze, abuso d’atti d’ufficio. Le indagini si sono concentrate sulla realizzazione del nuovo polo ospedaliero di Lagonegro, mai sorto, per il quale l’iniziale investimento da 70 milioni era lievitato quasi a 90. Le indagini si sono concentrate su pacchetti di voti in cambio di trasferimenti, nomine, promozioni, affidamenti di servizi pubblici, favoritismi.

 

 

 

 

Il capogruppo di FI in Regione, Francesco Piro, secondo gli inquirenti, avrebbe avuto numerosi contatti con ’ndrine e cosche locali. E non avrebbe avuto alcuna remora, stando alle indagini, a ostentare, «a scopo intimidatorio», le proprie conoscenze criminali dalle quali avrebbe tratto «non di rado proprie finalità personali, politiche ed elettorali». Candidato alle politiche dello scorso 25 settembre, Piro era «aiutato» dal sindaco di Lagonegro, che avrebbe esercitato pressioni sui dipendenti regionali del settore forestazione, attraverso i vertici dell’assessorato. Di Lascio avrebbe chiesto, senza riuscirci, ai gestori delle compagnie telefoniche di disattivare i ripetitori dei cellulari in determinate zone della Basilicata così da impedire agli elettori che non sostenevano Piro di essere raggiungibili. Tra i filoni dell’indagine anche la gestione dei kit tamponi Covid durante il lockdown del 2020. Secondo le accuse, gli amministratori regionali avrebbero approfittato delle loro posizioni per accedere ai controlli anche senza averne i presupposti. Il governatore, che ha assicurato che non ha intenzione di dimettersi, ha ribadito la sua estraneità ai fatti.

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