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David Rossi, la relazione finale. Il manager Mps "aveva ferite prima di precipitare dalla finestra"

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Gianni Di Capua
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La questione delle lesioni, ritenute incompatibili con la caduta dalla finestra, rilevate sul corpo di David Rossi viene affrontata nella relazione della Commissione parlamentare di inchiesta sulla morte dell'ex manager di Mps dove vengono riportate le conclusioni della maxi perizia. La Commissione ricorda che «il collegio estremamente qualificato ha confermato che la causa di natura medico-legale della morte di David Rossi deve essere individuata nei politraumatismi e nelle lesioni scheletrico-fratturative e viscerali, diretta conseguenza della precipitazione e dell'impatto al suolo del corpo».

 

I periti medici legali della Commissione hanno rilevato però che «non tutte le lesioni riscontrate sul corpo di David Rossi sono riconducibili alla precipitazione e all'impatto al suolo». La Commissione ritiene dunque che «non possa condividersi il giudizio espresso dal medico-legale Gabbrielli in occasione della prima indagine del 2013, in cui sostiene che la compatibilità delle lesioni refertate con un gesto suicidario possa definirsi "piena"», si osserva nella relazione.

 

«La Commissione intende rimarcare che non sono emersi elementi di natura medico-legale per poter ricondurre in modo certo l'origine delle lesioni al volto alla fase preparatoria della precipitazione, come invece prospettato dal tenente colonnello Zavattaro, consulente del pm di Siena nella seconda indagine del 2016, secondo il quale tali lesioni possono essere state originate dallo sfregamento del viso di David Rossi contro il nottolino superiore della finestra da dove è precipitato - si osserva nella relazione - A dire il vero, posto che non vi sono neanche elementi per escludere che ciò sia realmente avvenuto, deve rappresentarsi la difficoltà di immaginare che (in mancanza dell'azione violenta di terzi, che spingano da tergo il capo di un'altra persona contro il serramento dell'infisso) un soggetto si possa involontariamente procurare una simile lesione nel mentre scavalca la sbarra di protezione e appena prima di calarsi verso di essa, con cautela, nell'intento di utilizzarla come sostegno cui aggrapparsi con le braccia, dall'esterno».

 

«Tipologia ed entità di quanto refertato sul volto di Rossi inducono peraltro a dubitare che un soggetto intenzionato a lanciarsi nel vuoto, immediatamente dopo essersi procurato ferite ed ecchimosi al volto tanto significative nel mentre ancora non si è sporto fuori dalla finestra, nonostante il dolore sofferto, ne resti totalmente insensibile, proseguendo incurante nel suo proposito di realizzare un'azione auto-soppressiva», prosegue la Commissione. La Commissione conclude spiegando che quel tipo di ferite deve considerarsi preesistente alla caduta ma «successivo all'incontro avuto da Rossi» con una collega «il pomeriggio del 6 marzo 2013, alle 17.40 circa, la quale dopo averlo incontrato avrebbe senz' altro ricordato l'eventuale presenza di segni e ferite sul suo volto».

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