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Ue, la tassazione sugli extraprofitti con l'energia rischia di portare poche risorse

Dario Martini
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Sono tanti o sono pochi i 140 miliardi di euro che l'Unione europea conta di raccogliere per far fronte ai rincari energetici? Per avere un termine di paragone, basta guardare a cosa ha fatto la Gran Bretagna: 173 miliardi (150 miliardi di sterline) da spalmare però in due anni. Un confronto impietoso, soprattutto se consideriamo che i soldi europei andranno ripartiti tra tutti i 27 Stati dell'Unione. Quanto andrà a ciascun Paese, ovviamente, dipenderà dai livelli produttivi di ognuno. I 140 miliardi annunciati ieri Ursula von der Leyen, in realtà sono 142. Così suddivisi: 117 miliardi sono le risorse stimate annue che gli Stati membri potrebbero riscuotere dal tetto ai ricavi delle imprese che producono energia elettrica a basso costo; 25 miliardi, invece, dovrebbero arrivare dalla tassa sugli extraprofitti delle grandi compagnie che producono petrolio, gas e carbone. Proprio così, 25 miliardi in tutta l'Unione europea. Briciole, quindi, se pensiamo che il decreto Aiuti ter, su cui il governo italiano sta lavorando in questi giorni, dovrebbe contenere circa 13 miliardi.

 

 

È interessante vedere come funzionerà questa tassa sugli extraprofitti, che la Commissione Ue preferisce chiamare «contributo di solidarietà». Si applicherà per un anno dall'entrata in vigore. Il regolamento europeo, prevede che «si concentrerà sugli utili eccedenti che l'industria dei combustibili fossili ha realizzato durante la crisi energetica; sarà prelevato dagli Stati membri sugli utili che nel 2022 eccedono un aumento del 20% degli utili medi dei tre anni precedenti, con un'aliquota minima del 33%». Fino al 20% di utili in più, quindi, i colossi energetici non pagheranno un euro di tassa in più. Saranno poi i singoli Stati a stabilire in che modo le maggiori risorse così racimolate vadano distribuite a famiglie e imprese per aiutarle a pagare le bollette.

 

 

La fetta più importate di risorse si trova all'interno del tetto ai guadagni delle imprese energetiche, che, come detto, permetterà «agli Stati membri di riscuotere fino a 117 miliardi di euro». Ai ricavi verrà applicato, fino al 31 marzo prossimo, un massimale di 180 euro per megawatt/ora. Riguarderà i produttori di energia elettrica «inframarginali», come le fonti rinnovabili, il nucleare e la lignite, di cui l'Italia dispone in misura ridotta. L'importo esatto delle maggiori entrate dipenderà dal livello dei prezzi e dalla quantità di elettricità generata da queste tecnologie in ciascuno Stato. Ecco perché l'impatto sulle bollette nel nostro Paese rischia di rivelarsi esiguo.

 

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