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Rapporto choc di Save the Children: un 15enne su due è analfabeta e non capisce un testo

Pietro De Leo
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La parola giusta è «dramma». Questo è l’unico timbro che si può apporre all’analisi che Save The Children ha offerto nella giornata «Impossibile 2022», nel corso della quale ha fornito alcuni numeri sulle condizioni educative italiane. Molto, molto dolorosi. Partendo da un dato, ossia «l’abbandono scolastico implicito». Si tratta di una condizione diversa rispetto a chi lascia gli studi e non va più a scuola. Riguarda, piuttosto, chi si ritrova con competenze del tutto inadeguate rispetto all’età. Ebbene, secondo questo indice il 51% dei quindicenni italiani, dunque oltre uno su due non è capace di comprendere il significato di un testo scritto. «I più colpiti – ha detto Claudio Tesauro - sono gli studenti che appartengono a famiglie più povere, a quelle che vivono al Sud e quelle con background migratorio». Stessa percentuale per quelli che non raggiungono le competenze minime in matematica. Situazione aggravata dalla pandemia e dai lunghi mesi in Dad, un contesto che è andato a pesare anche sui più piccoli, dato che, spiega Save the Children, «876 mila bambini della scuola dell’infanzia hanno sofferto della discontinuità e frammentazione nei primi passi del loro percorso educativo».

 

 

Sono numeri, questi, che purtroppo si riagganciano ai risultati dei test invalsi dello scorso anno e che forniscono un quadro devastante per tutto l’arco anagrafico della popolazione studentesca. Quella rilevazione, infatti, restituiva l'istantanea di maturandi indietro addirittura di un livello di competenze riferibile alla terza media. Sembra quasi impossibile, ma quelle furono le conclusioni. Uno stato di cose, probabilmente, figlio anche di una scuola che ha smarrito il merito nella trasmissione del sapere come propria missione, preferendo certi retaggi pedagogici non estranei da sfumature ideologiche di sinistra. Il risultato, quindi, è quello che vediamo: ragazze e ragazzi che avanzano negli studi senza avere, purtroppo gli strumenti. Con il divario territoriale e di reddito che incide pesantemente su questo stato di cose. Se un giovane proveniente da una famiglia più abbiente può, infatti, contare sugli strumenti per poter tentare di recuperare il ritardo e colmare le lacune, lo stesso non vale per i quanti appartengono a nuclei economicamente più disagiati. La prospettiva, a ricasco, è tutta sull’inclusione sociale.

 

 

Da questo punto di vista è sempre Save the Children a fornire una fotografia: ci sono ben sei regioni, il Molise, la Campania, la Puglia, la Basilicata, la Calabria e la Sicilia, in cui i Neet, ossia i giovani che non studiano, non lavorano, non seguono percorsi di apprendistato (in Italia sono sopra i 2 milioni) superano gli occupati. In particolare, in Sicilia, Campania, Calabria il rapporto è di 3 a 2. Tornando alla fascia dell’infanzia, poi, colpisce il rischio disallineamento sociale tra generazioni. «Un bambino in Italia oggi – ha spiegato il presidente di Save the Children Italia - ha il doppio delle probabilità di vivere in povertà assoluta rispetto ad un adulto, il triplo delle probabilità rispetto a chi ha più di 65 anni». L’utilizzo dei fondi Pnrr e degli altri strumenti Ue è la strada indicata dalla Ong per colmare i divari sociali che colpiscono l’infanzia e l’adolescenza. Oltre a questo, però, una scuola che recuperi la sua missione, e da subito, è una priorità che definisce il futuro delle generazioni più giovani.

 

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