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L'epidemiologo Massimo Ciccozzi: “Epatite e bambini? Colpa del lockdown. Difese immunitarie abbassate”

Antonio Sbraga
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«Dobbiamo prestare la massima attenzione, perché riguarda i bambini, però senza fare allarmismi. Si tratta di aspettare una settimana e intanto fare un ragionamento, partendo da cosa non è questo tipo di epatite». Invita alla calma il professor Massimo Ciccozzi, responsabile dell’Unità di Statistica Medica ed Epidemiologia Molecolare dell’Università Campus Bio-Medico di Roma, dopo le venti segnalazioni di epatiti acute di origine misteriosa nei bambini in Italia, di cui otto casi sembrerebbero rientrare nella definizione dell’Oms, con i restanti 12 in corso d’accertamento. 

E lei, professor Ciccozzi, al momento cosa si sente di escludere?
«Tenderei ad escludere l’origine alimentare, altrimenti avremmo avuto cluster di intere famiglie. Così come escluderei l’origine da farmaco, perché i casi sarebbero stati più rapidi ed acuti».

E sul «giallo» relativo proprio al colorito giallo riscontrato su questi bambini?
«La comparsa di ittero è uno dei sintomi dell’epatite acuta, insieme ai valori di enzimi epatici, le transaminasi, che aumentano nel sangue per effetto della distruzione degli epatociti. Ma non è una novità: ci sono sempre state epatiti in età pediatrica a eziologia sconosciuta, per le quali non erano note le cause».

 

 

E a chi parla di adenovirus?
«Se ne parla perché alcuni sintomi sono assimilabili a questa forma di influenza tardiva che sta circolando, ma non c’entra nulla con le epatiti acute pediatriche».

Si sente di escludere anche un possibile nesso con i vaccini, anche quelli che hanno utilizzato un tipo di vettore virale?
«Premesso che la gran parte di questi bimbi colpiti non è neanche vaccinata per via della tenerissima età, bisogna ricordare che per AstraZeneca e Johnson & Johnson si è usato un adenovirus inattivato delle scimmie, non dell’uomo. L’unico che ha usato un adenovirus di tipo umano è il vaccino russo Sputnik. E dunque è assolutamente da escludere».

 

 

Quindi, allo stato delle attuali conoscenze, che ipotesi si sente di avanzare?
«L’ipotesi che reputo sia da prendere più in considerazione è quella legata al lockdown. Perché tutti questi periodi di chiusura e le varie misure di protezione anti-Covid, come ad esempio le mascherine, potrebbero avere in qualche modo impedito o rallentato il contatto con vari virus. Ed ora che queste restrizioni stanno venendo meno, è ripartita pure la circolazione dei virus, che possono essere di tipo influenzale e già noti, ma anche sconosciuti, colpendo soprattutto i bambini. Che, dopo questi due anni, potrebbero avere un sistema immunitario meno rispondente a molti virus, con una ridotta capacità di reazione».

 

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