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L'Italia trova (poco) gas ad Algeri: 3 miliardi di metri cubi in più ma dalla Russia rischiamo di perderne 29

Tommaso Carta
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L’Italia comincia a sostituire il gas russo. E «comincia» è proprio il verbo giusto, visto che l’accordo siglato ieri in Algeria - comunque di un certo rilievo - produrrà i suoi effetti più importanti solo dal 2023, quando dal Paese nordafricano dovrebbero arrivare 6 miliardi di metri di gas in più all’anno rispetto agli attuali 21. Nel 2022, però, un piccolo potenziamento della fornitura avverrà solo dall’autunno, ed è lo stesso ministro della Transizione energetica Roberto Cingolani a svelarne le cifre: «Avremo tre miliardi di metri cubi di gas dall’Algeria subito e altri sei miliardi nel 2023».

L’accordo non terminerà nel 2024 ma il flusso di gas sarà costante su «una rampa che va a crescere», ha aggiunto Cingolani. Insomma, si viaggia verso i 9 miliardi l’anno (si spera) dal 2024. Considerato che la quantità delle forniture russe si attesta intorno ai 29 miliardi l’anno, la «quota» recuperata in Nordafrica è solo il primo tratto della salita che il governo deve affrontare. Senza contare le incognite - leggasi instabilità politica - cui si va incontro quando si stringono accordi con Paesi tutt’altro che pacificati. Un ragionamento che può estendersi anche agli altri Paesi con i quali l’Italia ha avviato delle pre intese, ad esempio Azerbaijan e Congo. Dove, peraltro, le missioni «esplorative» del ministro degli Esteri Luigi Di Maio non sono state ancora tramutate in accordi ufficiali.

 

Persino un esponente non certo critico nei confronti dell’attuale governo come Romano Prodi tende a ridimensionare la portata dell’accordo di ieri: «In Qatar e in Algeria - dice l’ex premier in un’intervista a Report andata in onda ieri - ogni Paese europeo ci va per conto suo e ognuno pensa di avere il gas in più che produce quel paese. Invece noi europei poi alla fine ne avremo una quantità addizionale molto limitata». Prodi definisce gli accordi che l’italia e gli altri Paesi stanno raggiungendo con i fornitori alternativi «discorsi fumosi».

In ogni caso Draghi ha provato a celebrare con enfasi l’intesa: «L’Italia - ha detto - è pronta a lavorare con l’Algeria per sviluppare energie rinnovabili e idrogeno verde. Vogliamo accelerare la transizione energetica e creare opportunità di sviluppo e occupazione».

Prossime tappe Congo e Angola, poi Mozambico a fine aprile. «Lavoriamo, non siamo quelli dell’annuncite», taglia corto Di Maio.

 

In parallelo, poi, a Roma, si lavora ai meccanismi per facilitare e velocizzare la produzione di energie rinnovabili. Ieri sul tema è andato in scena un vertice a palazzo Chigi tra il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Roberto Garofoli, il ministro dell’Economia, Daniele Franco, il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio con delega per l’intelligence, Franco Gabrielli, l’amministratore delegato di Terna, Stefano Donnarumma, l’amministratore delegato di Snam, Marco Alverà. Inoltre il tema è sul tavolo dei ministri competenti, anche se non dovrebbe approdare nel Cdm in agenda domani ma andare più avanti. In ogni caso, anche su questo fronte, la partnership con i paesi dell’area del Mediterraneo sarà fondamentale. Anche con Algeri, assicura Draghi incontrando la comunità italiana in ambasciata «la relazione andrà oltre il comparto energetico. Nei prossimi mesi vogliamo alimentare le relazioni in tutti i livelli. Penso all’agroalimentare, al settore elicotteristico, al marittimo, alla costruzione di navi, alle rinnovabili. L’atteggiamento è aperto a una varietà di collaborazioni».

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