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La forza del Papa contro la follia della guerra, il suo digiuno per fermarla

Francesco Storace
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Gli ultimatum. Le bombe. Le reazioni. Le armi. Le sanzioni. In un mondo che usa parole terribili seguite da azioni sanguinose, si eleva una sola autorità morale a tutela del dialogo, della pace, della convivenza. È il Papa, che ieri ha compiuto un grande gesto, straordinario.
La coincidenza è col mercoledì delle Ceneri, tradizionalmente votato al digiuno dei cristiani. Ma questa volta sarà ancora più solenne, perché il Pontefice si appella al mondo intero perché l’astinenza dal cibo in quella giornata sia dedicata proprio all’Ucraina sotto attacco.
Papa Bergoglio ha usato toni drammatici, assolutamente adatti alla tragedia che è in corso. Mentre Vladimir Putin minaccia il ricorso al nucleare e i Paesi occidentali discutono di armi ed equipaggiamenti da inviare sul terreno di guerra, da quella finestra del Vaticano si è elevata con tutto il suo carico morale l’invocazione alla pace. E l’invito al digiuno serve a caricare di significato la mobilitazione e la preghiera di tutto il mondo per far tacere davvero le armi.

La linea del Papa è netta: bloccare la carneficina, fare di tutto per promuovere un reale negoziato, accelerare al massimo sui corridoi umanitari. Il Pontefice non vuole apparire schierato, anche se a colpirlo è quanto accade proprio in Ucraina. Ma mantiene rapporti diplomatici con ambo le parti in conflitto. Questa guerra è contro l’umanità.

E chissà che Papa Francesco non possa essere individuato come l’unico mediatore di pace possibile. «Dio sta con gli operatori di pace, non con chi usa la violenza», ha detto facendo sua la stessa Costituzione italiana sul ripudio della guerra. «Chi fa la guerra dimentica l’umanità», ha insistito. Chi attacca «mette davanti a tutto gli interessi di parte del potere, si affida alla logica diabolica e perversa delle armi». In ogni conflitto, osserva, la vera vittima è «la gente comune, che paga sulla propria pelle le follie della guerra». Pensa, il Pontefice, agli anziani, a quanti in queste ore cercano rifugio, alle mamme in fuga con i bambini: «Sono fratelli e sorelle per i quali è urgente aprire corridoi umanitari, fratelli che vanno accolti», insiste, «col cuore straziato».

E poi l’annuncio solenne: «Rinnovo a tutti l’invito a fare del 2 marzo, mercoledì delle Ceneri, una giornata di preghiera e di digiuno per la pace in #Ucraina, per stare vicino alle sofferenze del popolo ucraino, per sentirci tutti fratelli e implorare da Dio la fine della guerra».
C’è una lettura profonda degli avvenimenti nelle parole del Santo Padre. Perché in tutte le case c’è dolore per quanto sta accadendo a Kiev. Ci sono scenari che allarmano tutti e Francesco se ne fa interprete con parole e gesti. Per rispondere all’angoscia che prevale, alle preoccupazioni che devastano l’umanità. Il solo sentir parlare di rischio di terza guerra mondiale fa davvero accapponare la pelle.
L’appello del Papa punta ad entrare nelle coscienze di tutti, credenti e non, spiegando ad ogni popolo che «Gesù ci ha insegnato che all’insensatezza diabolica della violenza si risponde con le armi di Dio, con la preghiera e il digiuno».

E ai governi della Terra: «Si astengano da ogni azione che provochi ancora più sofferenza alle popolazioni». Parole che non possono essere equivocate da nessuno. Perché al fondo deve emergere la volontà sincera di non espandere il violento conflitto in corso. Ma i governi sembrano più impegnati a discutere di sanzioni e sostegni militari. La strada proposta dalla Chiesa è opposta. Le azioni da intraprendere non devono essere quelle belliche. Ovviamente, ora sono gli Stati a dover comprendere concretamente le parole del Papa. La politica saprà fuggire dalle spietate regole della propaganda al tempo della guerra e ad arrivarsi realmente in azioni finalizzate alla pace?

Questo non dovrebbe essere solo «il mestiere del Papa»; perché tocca ai governi adoperarsi proprio per «far tacere le armi». Ma finora si è parlato solo di vendette, in una escalation spietata financo dal punto di vista verbale. Il Papa spera di far breccia nei Grandi della Terra, in chi ha il potere di incidere realmente sui destini del mondo e riportare tutti lungo la strada della pace. Anche col digiuno di mercoledì. 
Nell’intervista rilasciata al nostro giornale dal presidente della Croce rossa italiana e mondiale, Francesco Rocca, si raccoglie il profondo senso umanitario dell’appello del Pontefice: «Kiev ha più bisogno di cibo che di armi». Chi ha orecchie per intendere lo faccia. Mai come ora è questo il momento in cui deve essere la diplomazia a tornare autenticamente protagonista. 

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