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Il caso Djokovic e l'intollerabile discriminazione dei no vax

Gianluigi Paragone
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In queste ore abbiamo assistito a una ipocrita e discriminatoria campagna stampa impregnata sulla distinzione tra chi è vaccinato e chi non è vaccinato. Una roba da primato mondiale.

 

 

 

Cominciamo da un fuoriclasse mondiale vero. La vicenda di Novak Djokovic è nota. Il campione del tennis è un atleta dichiaratamente critico verso il vaccino anti Covid, una posizione conosciuta perché il serbo non ne ha mai fatto mistero. Pur di vederlo in campo, quindi non dover rischiare di perdere sponsorizzazioni e diritti televisivi, il grande circo del tennis aveva concordato una via d’uscita che mettesse d’accordo tutti: Djokovic ha una esenzione. Una patacca talmente grossolana che il governo australiano non ha accettato, giocando all’attacco: atleta interrogato, recluso in albergo e procedure diplomatiche avviate per dimostrare che non si fanno figli e figliastri.

 

 

 

 

Ovviamente sulla questione si sono esibiti i migliori e i peggiori commentatori. Anche in Italia. Paese dove la pratica di dividere tra figli e figliastri è sport assai diffuso, come dimostrato dalla confusione che è stata fatta sul Green Pass e sul Super Green Pass, ma anche sui vaccinati che si avvalevano della opzione riconosciuta dal governo trattati come untori e sorci.

Un occhio di riguardo i giornalisti lo hanno sicuramente avuto nei confronti del virologo Massimo Galli, anch’egli fortemente contagiato («Me la sono vista brutta») nonostante la terza dose di vaccino. Davvero strani questi vaccini: da sieri che sprigionano poteri straordinari di immunizzazione, a farmaci che se va bene ti evitano di andare in terapia intensiva. Insomma, un rimedio come potrebbe essere la pillola. Come si è curato il nostro Galli? Con le cellule monoclonali e con terapie domiciliari ben diverse da ciò che i medici di base, seguendo pedissequamente le indicazioni di Aifa, indicano ai malati ordinari. Insomma, anche Galli non ha brillato per coerenza tra i commenti in televisione e le cure da malato in casa.

 

 

 

Ma, appunto, nessuno si è permesso di fare notare la cosa. Del resto perché sorprendersi? Lo stato di salute del giornalismo italiano, già pesantemente compromesso dall’applauso slurpeggiante al premier Draghi finita la conferenza stampa di fine anno (che pena...), ha ulteriormente dato prova del proprio malessere grazie all’enfasi con cui Repubblica ha pubblicato una ricerca «come se fosse Antani» che tracciava l’identikit del No Vax e No Green Pass: «licenza media, disoccupato, senza casa». Insomma un reietto della società cui si contrappone il Sì Vax «ricco e istruito», cui spetta inevitabilmente il compito - ci viene da aggiungere ironicamente - di una rieducazione forzata.

Com’è umano lei, per dirla con Fantozzi.

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