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Covid, la promessa di Pierpaolo Sileri agli italiani: "Non vi chiudiamo in casa. Da noi zone rosse impossibili"

Franco Bechis
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A gran parte del governo sembra senza senso l'ipotesi di un lockdown per non vaccinati che da più parti invece viene richiesto citando un modello - l'Austria- che a dire il vero l'ha adottato per poche ore, allargando in ampie aree del paese le restrizioni anche ai vaccinati (perché anche se meno il contagio si estende pure attraverso di loro). Fra chi ha più dubbi su questa soluzione c'è il sottosegretario alla Salute, Pierpaolo Sileri, che da inizio pandemia tutti abbiamo imparato a conoscere sia per l'equilibrio mostrato che per la competenza scientifica: “Non si arriverà a nessun lockdown, salvo che la gente non faccia proprio la terza dose. Non siamo affatto nella situazione di Austria e Germania, e sono certo che non ci arriveremo”. Con Sileri cerco di addentrarmi in questo dibattito spesso ideologico fra profeti del sì vax e profeti del no vax. E inizio a verificare un dato.

 

 

Secondo l'ultimo rapporto Iss ci sono 42,8 milioni di italiani vaccinati con ciclo completo, altri 294 mila che hanno fatto la terza dose, poi 2,5 milioni che hanno fatto solo la prima di due dosi di vaccino e infine 8,3 milioni di italiani non vaccinati (più 5,8 milioni bambini al di sotto dei 12 anni che non possono essere al momento vaccinati). Quando diciamo che il vaccino contro la versione Delta del virus ha una protezione dell'80%, che cosa accade al restante 20%? Il vaccino non ha funzionato e quindi sono totalmente non protetti dal virus pur avendo ricevuto le due dosi? Perché quel 20% significherebbe in numeri assoluti 8,6 milioni di italiani vaccinati ma non protetti dal virus come i non vaccinati, che hanno lo stesso numero. Se così fosse allora il lockdown dei non vaccinati risolverebbe il problema solo a metà, perché un numero identico di italiani farebbe circolare comunque il virus. “Non è che non funzioni del tutto”, spiega Sileri, “in parte se ne riduce assai l'efficacia temporale. Cioè la protezione c'è, ma scema in tempi molto più rapidi. Anche quel 20% che è stato immunizzato, non ha zero protezione come chi non ha avuto per nulla  i vaccini. Ma ne ha molta meno degli altri vaccinati e si esaurisce prima.” Allora capisco il ragionamento e rispondo: sì, anche chiudendo in casa i non vaccinati il virus circolerebbe lo stesso. Ma è rarissimo il non responder puro, cioè il vaccinato che non riceva proprio alcuna immunizzazione dal virus. Non siamo al bianco e al nero: ci sono tante sfumature di grigio. C'è il vaccinato a cui il virus proprio non riesce ad avvicinarsi nemmeno al naso, quello in cui il virus sì entra, si replica, ma viene bloccato e non si hanno i sintomi della malattia. Poi quello in cui gli anticorpi prodotti sono pochi o non funzionano bene e quindi il virus entrando fa un danno maggiore, e su questo conta anche la genetica: ci sono risposte infiammatorie esagerate, come anche una certa auto-immunità.

 

 

Ma qualcuno che proprio non risponda alla vaccinazione c'è secondo alcuni studi specialistici portati anche all'attenzione del Cts: ad esempio fra chi è stato sottoposto a lunghi cicli di chemioterapia o nei trapiantati... “Vero”, risponde Sileri, “che in chi ha malattie gravi sottostanti ci sono quelli che chiamiamo 'non responder', per cui il vaccino non ha portato alcun tipo di protezione. E' difficile però che accada nella popolazione generale in ottima salute: semmai c'è chi ha un sistema immunitario per cui quella protezione dura meno, ed è per questo che ci protegge la terza dose anche dopo pochi mesi dalla seconda”. Mi rendo conto che la spiegazione scientifica è difficile, ma chiarisce non poco, e ci porta in fondo alla stessa considerazione di partenza: non ha senso il lockdown dei non vaccinati, perché il virus continuerebbe a circolare anche con loro murati in casa. Forse in modo meno veloce ed estensivo, ma i contagi ci sarebbero comunque, e non si potrebbe più sospettare o accusare chi non ha voluto il vaccino. Allora ci sarà lockdown per tutti rendendo dopo un anno quel piano di vaccinazioni? “Francamente”, risponde Sileri, “Non ci sarebbe ragione per farlo. Non ha senso alcuno in zona bianca, e non ne ha nemmeno in zona gialla dove le restrizioni sono pochissime Quando parliamo di Austria, è un paese diverso dal nostro. Ha una percentuale di vaccinati di dieci punti inferiore, ed è tantissimo. E anche le fasce di età sono molto diverse: da noi i soggetti fragili e anziani sono ben più protetti. Anche in Francia è così: hanno una età media di vaccinati inferiore alla nostra, e molto più scoperta che da noi la fascia sopra i 60 anni. Semmai bisogna spingere a vaccinarsi in  quelle aree d’Italia in cui la percentuale è più bassa che in altre, come ad esempio nel Lazio nella zona di Aprilia”. E se finiamo in zona arancione o rossa? “Non ci finiamo”, sostiene Sileri, “secondo me al rosso non ci finiremo mai, perché è impossibile. E nell'ipotesi remotissima che qualche Regione possa diventare arancione, lo stimolo deve essere soprattutto quello di vaccinare di più”.

 

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