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Dati falsificati e ritardi sugli effetti collaterali. Non si spegne il Pfizer gate: volontari esposti a rischi irragionevoli

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Il Pfizer gate ha travolto la casa farmaceutica produttrice del vaccino anti-Covid dopo le rivelazioni di Brook Jackson, ex dipendente di Ventavia, società che effettuava i trial per conto della multinazionale. La donna ha rilasciato un’intervista al Fatto Quotidiano nel quale punta il dito sulla gestione delle sperimentazioni, facendo pesanti accuse dopo le denunce delle scorse settimana: “Quello che ho visto e che ho deciso di denunciare, anche se ho lavorato poche settimane per loro, è ascrivibile a una cattiva condotta reiterata, quotidiana. Pfizer aveva interesse che Ventavia arruolasse, nel minor tempo possibile, il maggior numero di partecipanti alla sperimentazione. Ventavia era determinata a rimanere uno dei partner preferiti da Pfizer. E, aggiungo, la società percepiva parte dei suoi compensi sulla base del numero dei pazienti arruolati: tanti più erano gli iscritti al trial, quanto più Ventavia guadagnava. Diciamo che la quantità e la velocità mal si coniugano con le sperimentazioni cliniche…”. 

 

 

Le parole della Jackson sono inquietanti: “I dati sono stati falsificati, ci sono stati ritardi nel monitoraggio degli effetti collaterali, sono stati impiegati vaccinatori non adeguatamente formati e inoltre il personale responsabile dei controlli di qualità era sopraffatto dal volume di problemi riscontrati. I mille volontari, sono stati esposti a rischi irragionevoli, dovuti per esempio alle incongruenze nell’etichettatura del vaccino per il gruppo dei soggetti trattati e per il gruppo placebo, o alla cattiva conservazione del siero dovuta all’escursione termica a cui sono state sottoposte le fiale”.

 

 

La gola profonda ha sottolineato che il suo licenziamento è avvenuto dopo che lei ha mandato una mail che ha messo in evidenza la situazione critica: “L’azienda per cui lavoravo da sole due settimane mi ha licenziato. Così, in tronco. Era un venerdì, ma stavo lavorando da casa perché mio figlio era malato. Ho passato tutta la mattina a rispondere alle mail, dopo qualche ora il computer mi chiede di reinserire la mia password, perché ero stata disconnessa. Ho provato diverse volte, ma la risposta era sempre, la password non è corretta. Ho capito che il mio account era stato disattivato e che, probabilmente, avevo perso il lavoro. Nel pomeriggio - conclude il racconto - Ventavia mi ha chiamato e mi ha licenziato perché non ‘adatta’ alla posizione per cui solo poche settimane prima mi aveva assunto”.

 

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