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Vaccino, la clamorosa ammissione del gran capo di Pfizer: dopo sei mesi non funziona più

Franco Bechis
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Parola di Albert Bourla, il gran capo di Pfizer: «Il nostro vaccino protegge molto bene contro malattie gravi e contro il ricovero durante i primi 6 mesi. Dopo c’è una diminuzione dell’immunità. Il declino inizia sempre con una lieve infezione, e poi cala anche la protezione contro infezioni gravi e la protezione dai ricoveri ospedalieri e purtroppo anche la protezione dalla morte». Bourla lo ha raccontato in un recente meeting con il gruppo bancario e finanziario Cantor Fitgerald & co, spiegando che questi dati sulla caduta della protezione del vaccino Pfizer non li ha riscontrati solo la casa farmaceutica nel suo campione originario, ma è stato dimostrato nel dettaglio dal ministero della Salute israeliano e dal gruppo di scienziati che lo assiste in un incontro di settembre con il comitato scientifico della Food and Drug Administration, l’autorità regolatoria americana. «Israele», ha spiegato Bourla, «aveva un vantaggio di 3 mesi sugli Usa nella campagna vaccinazioni e soprattutto ha un sistema di cartelle cliniche sanitarie molto completo e del tutto digitalizzato. Per questo è in grado di elaborare dati con rapidità. Il loro sequenziamento dei pazienti vaccinati ha indicato una chiara caduta della protezione. Prima con infezioni asintomatiche, poi con malattia lieve. E subito dopo ricoveri e infezioni gravi. È stato lì che Israele ha deciso di dare la terza dose prima agli over 65, poi sopra i 50 anni, sopra i 40 e ora credo dai 16 in su».

 

 

A sentire Bourla, che ovviamente è interessato a vendere più dosi del suo vaccino Comirnaty, gran parte degli italiani sarebbero a rischio perché non più coperto dalla protezione vaccinale. Israele è certo della stessa cosa e gli Stati Uniti stanno avviandosi sulla stessa strada. Noi nel frattempo continuiamo a insistere sulla vaccinazione dei più giovani agognando quella dei bambini muovendoci con grande lentezza a proteggere chi rischia di più. Oltretutto proprio sui giovani ieri da Ema è arrivata una dichiarazione molto preoccupante legata agli effetti dell’altro vaccino a Rmna, Moderna: «Analisi preliminari provenienti dai paesi nordici indicano la possibilità che il rischio di miocardite negli uomini più giovani possa essere maggiore dopo una seconda dose». Per questo motivo ieri la Danimarca ha sospeso le vaccinazioni ai ragazzi al di sotto dei 18 anni e la Svezia a quelli sotto i 30 anni. Dunque siamo all’inizio di un nuovo caos vaccinale simile a quello che abbiamo vissuto nella primavera scorsa con AstraZeneca e Johnson&Johnson, con in più quel problema non da poco di over 50 che hanno ricevuto la seconda dose di vaccino ad aprile e maggio con il rischio di trovarsi oggi con in tasca un green pass valido un anno che rischia non solo di non essere a garanzia della salute di chi l’ha ricevuto, ma anche di non proteggere davvero gli altri.

 

 

Ieri l’Iss ha diffuso un report che ha un titolo rassicurante («A 7 mesi vaccino con protezione alta»), ma che poi contiene dati che dicono l’esatto opposto. Negli ultimi tre mesi la protezione dal virus si è notevolmente ridotta (di oltre 20 punti percentuali), e i nostri scienziati non sanno davvero perché. Potrebbe essere una riduzione legata alla distanza dalla vaccinazione, potrebbe essere l’aggressività della variante Delta o - accusa non nuova a dire il vero - l’allentamento della prudenza naturale degli italiani che avrebbero comportamenti meno «virtuosi» sentendosi al sicuro con i vaccini fatti, come per altro era stato loro assicurato. Secondo i nostri scienziati inoltre «nelle persone con comorbidità si osserva una riduzione della protezione dall’infezione, dal 75 per cento di riduzione del rischio dopo 28 giorni dalla seconda dose al 52 per cento dopo circa sette mesi». E non è cosa da poco, perché secondo i rapporti periodici dell’Iss i decessi Covid sono avvenuti nel 95% dei casi in persone che avevano fra 3 e 5 altri malanni («comorbidità»). Quindi la protezione del vaccino sarebbe molto bassa proprio su chi più ne avrebbe bisogno, pur non rientrando nel novero delle categorie «fragili». A questo punto c0è da chiedersi se il generale Francesco Paolo Figliuolo che ha appena dimostrato in tv da Fabio Fazio di non sapere come siano fatti i vaccini a Rmna (è convinto che ci sia una piccola dose di virus, cosa assolutamente falsa) ha a disposizione le munizioni che servirebbero per una terza dose da fare rapidamente ed estensivamente ed evitare una nuova ondata di contagi che rimetterebbero ko l’Italia e il suo sistema produttivo. Forse è il caso che Mario Draghi, che a palazzo Chigi è stato chiamato soprattutto per questo, pensi più seriamente a proteggere la salute degli italiani tralasciando invece il trastullo con la casa degli italiani che incertezze e angosce di altro tipo sta alimentando.

 

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