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Lite sul green pass per treni e aerei. Maggioranza spaccata sui trasporti: la Lega protesta per le restrizioni

Carlo Solimene
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Una cabina di regia tra martedì e mercoledì e, al più tardi venerdì, il Consiglio dei ministri che dovrebbe varare un’ulteriore stretta sul fronte green pass. Segnatamente, l’obbligo di esibire il lasciapassare immunologico anche per salire su aerei, navi e treni a lunga percorrenza. È questo il programma di massima del premier Mario Draghi dopo aver archiviato, non senza fatica, la pratica della riforma della Giustizia. Il Cdm rinviato la scorsa settimana dopo la richiesta di Matteo Salvini di aspettare nuovi dati sul contagio in Italia dovrebbe tenersi all’inizio del prossimo week end. E promette di riservare altri momenti di tensione a una maggioranza piuttosto provata dalla discussione sulla riforma Cartabia. Salvini, infatti, continua a ritenere ingiustificato il ricorso a regole più stringenti. A suo modo di vedere, i dati consegnati dal monitoraggio del ministero della Salute di venerdì scorso dimostrano un rallentamento della corsa del virus (ci si aspettava un raddoppio del numero dei contagi settimanali, invece sono passati da venti a ventiseimila) e sarebbe il caso, semmai, di cancellare alcuni dei divieti destinati a entrare in vigore il 6 agosto, come l’obbligo di esibire il lasciapassare per accedere ai ristoranti degli alberghi («Come fa una famiglia in vacanza con i figli adolescenti, sopra i 12 anni? Mica può fare il tampone tutte le sere», argomenta il leader della Lega). Da questo punto di vista, però, Draghi sembra intenzionato ad andare avanti sul piano stabilito. E la discussione con i partiti si concentrerà solo sul momento dell’entrata in vigore dei nuovi divieti.

 

 

Allo stato attuale l’ipotesi più praticabile è l’ultima decade di agosto, per non mettere in difficoltà le famiglie che hanno già prenotato biglietti aerei e di treni nei prossimi giorni. In quanto al trasporto pubblico, l’accesso resterà libero, anche perché di fatto sarebbe impossibile controllare i certificati per i viaggiatori di autobus e metropolitane. Il governo, però, ha chiesto alle Regioni di predisporre al più presto un piano per il potenziamento delle corse. Una scelta che si è resa necessaria in virtù del parere del Cts che ha giudicato non sufficiente ad arginare il contagio l’ipotesi di limitare la capienza all’80%. La percentuale di riempimento dovrà essere più bassa (il 50?) e, specie con la ripartenza dell’anno scolastico, sarà necessario non farsi trovare impreparati. Proprio sulla scuola è partita all’attacco la leader di Fratelli d’Italia Giorgia Meloni: «È facile dire al mondo della scuola di vaccinarsi ma questo non è sufficiente. Dove sono gli spazi, i trasporti, il numero giusto di alunni per classi, il sistema di aerazione e il necessario distanziamento?», spiega, chiedendo al governo seri investimenti.

 

 

L’esecutivo, in realtà, è sempre alle prese con il rebus della vaccinazione obbligatoria del personale docente. L’ipotesi più accreditata al momento è quella di aspettare il 20 agosto per decidere. In quella data, infatti, il commissario Figliuolo dovrebbe aver ricevuto i report dalle varie Regioni sulla percentuale di insegnanti che hanno aderito alla campagna. E solo a quel punto, se i dati fossero considerati insufficienti, si potrebbe valutare l’obbligo, magari limitato ai territori in cui la percentuale è più bassa. Un passo che, inutile dirlo, scatenerebbe altre polemiche in maggioranza. Peraltro preannunciate dall’ex ministra della scuola Lucia Azzolina, che sfida: «Dove pensa di trovare il governo i sostituti dei docenti no vax?».

 

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