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I gufi del Covid non ne hanno azzeccata una: previsti 1300 morti al giorno, ce ne sono 13

Franco Bechis
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L’ho tenuto da parte perché il tempo è un giudice inesorabile. Il 27 aprile a Di Martedì il conduttore Giovanni Floris ha fatto vedere uno studio della Fondazione Kessler di previsione sugli effetti delle riaperture graduali che il governo di Mario Draghi aveva appena deciso. «A metà luglio lo scenario più probabile è quello di 300 morti al giorno. Lo scenario peggiore è però di 1.300 morti al giorno». Ieri i decessi sono stati 13, quindi ventitrè volte meno della previsione ritenuta più probabile e cento volte meno di quella peggiore. Era puro terrorismo, amplificato dalla televisione nazionale. Evidentemente senza alcun fondamento reale. Negli stessi giorni almeno con la saggezza di non sparare numeri precisi un’altra fondazione che si è specializzata in quest’anno in virologia - la Gimbe di Nino Cartabellotta - aveva buttato lì un’altra castroneria bella e buona, sostenendo che da metà maggio in poi sarebbe risalito sensibilmente il picco dei contagi. Anche questo non è accaduto, e non perché abbiamo lo stellone d’Italia che ci protegge, ma perché il plotone di catastrofisti che ogni giorno occupa militarmente radio, tv e giornali non ha mai saputo nulla né capito nulla dell’andamento dell’epidemia.

 

 

E ovviamente è lì a prevedere sciagure epocali per un po’ di festa in strada dopo le vittorie dell’Italia all’Europeo di calcio e a cantare ogni giorno la litania del «non è un liberi tutti», come se le libertà individuali fossero un ghiribizzo improvviso e non un diritto universale garantito in Italia anche dalla Costituzione. Ricordo che sono gli stessi che si preparavano a fare i monatti e andare a raccogliere a Milano e dintorni i cadaveri dei caduti per avere festeggiato lo scudetto dell’Inter. I cadaveri non ci sono mai stati, ma quelli pontificano come allora senza avere chiesto mai scusa delle cassandrate basate sul nulla. E fra un «non è un liberi tutti» e un altro parte naturalmente uno scappellotto a qualsiasi italiano che per qualsiasi motivo non si sia ancora vaccinato (magari perché gli stessi lo hanno un pizzico terrorizzato su alcuni vaccini e altri migliori non sono disponibili), facendo avanzare come spettro terribile la variante Delta e qualsiasi altra variante possa seguire. Diamo un po’ di numeri veri che non guasta.

Lo scorso anno fra l’8 giugno e l’8 luglio le riaperture sono state più ampie di quelle di quest’anno, e non esisteva alcun tipo di antidoto al virus (i vaccini sono arrivati solo a dicembre). Ci sono stati in tutto 7.182 italiani positivi. Certo, si facevano assai meno tamponi: nel periodo furono 1.515.571. Dunque la percentuale di positività in quel mese fu dello 0,47%. Nel 2021 nello stesso periodo i positivi riscontrati sono stati 53.723, ma si sono fatti molti più tamponi: 5.548.513 in tutto. Percentuale di positività: 0,97%. Quasi il doppio di quella dell’anno scorso. Eppure i vaccini non c’erano e ci sono. Non solo: le riaperture sono state molto più graduali quest’anno dell’anno scorso, in cui di fatto si tornò a vita normale già dal 15 maggio. Dunque i milioni di italiani vaccinati non fermano il virus, e se lo prendono. La differenza è tutta nella gravità dell’infezione, che assai raramente porta al ricovero in ospedale ed è ovviamente un grande passo in avanti. Mentre le riaperture non provocano più contagi in sé. La differenza fra 2021 e 2020 è semplicemente climatica: quest’anno il bel tempo e il caldo sono arrivati con grande ritardo, mentre l’anno scorso a 30 gradi si era già ad aprile. Con le temperature alte il virus non circola in modo grave, ed è stata l’esperienza dell’altra estate: vivendo per lo più all’aperto non accade nulla, e si può festeggiare tranquillamente anche la vittoria sportiva dei propri beniamini.

 

 

Secondo le Cassandre l’anno scorso il virus è tornato perché si sono riaperte le discoteche concedendo balli fianco a fianco, e quindi mai «liberi tutti». Anche questo è un falso conclamato. Sì, qualche frequentatore di discoteca si contagiò, perché certo caldo o non caldo se si va lì per trovare l’avventura i corpi che si uniscono e le bocche che si baciano aiutano la trasmissione del virus. Ma i numeri dell’epidemia nel Paese non cambiarono: continuarono ad oscillare fra lo 0 e l’1% rispetto ai tamponi fatti. Come ora, con le discoteche chiuse e milioni di vaccinati. A settembre però si tornò al lavoro al chiuso in presenza, a prendere i mezzi pubblici stipati come scatolette di tonno e soprattutto a scuola, che è stata il vero motore del virus 2020-2021. Al 14 settembre l’indice dei contagi salì al 2%. Due settimane dopo al 3%. Fra il 4 e il 9 ottobre al 4%. Dal 15 ottobre raddoppiato: 8%. Sette giorni dopo al 9%, il 24 ottobre all’11%, il 27 ottobre al 13%, dal primo novembre al 16% e avanti così fino alle nuove chiusure. La strage di italiani in autunno e primavera è tutta sulle spalle di chi diceva mentendo che la scuola era sicura (e invece i contagi lì furono in crescita dieci volte superiore a tutte le altre altre fasce di popolazione) e che i trasporti erano sicuri. La maxivaccinazione è lì per dirci che altre stragi non dovrebbero esserci: i contagi dilagheranno, ma dovrebbe accadere quello a cui siamo sempre stati abituati con l’influenza. Non più catastrofi, ma semplici contagi. E con l’influenza non si è mai limitata la libertà di nessuno. Adesso davvero basta catastrofisti.

 

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