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Sui vaccini ha deciso Speranza, non il Cts. La clamorosa verità dai verbali

Franco Bechis
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Arrivano tardi, quasi sempre incompleti, un po' criptici perché mai in versione stenografica, ma alla fine sono sempre utili da leggere i verbali delle riunioni del nostro Comitato tecnico e scientifico. Hanno appena pubblicato quelli del 29 e del 30 aprile scorso, che sembrerebbero appartenere a un' altra era geologica. Ma restano molto istruttivi anche per capire una serie di panzane sull'emergenza sanitaria (epidemia e vaccini) che ci hanno raccontato sia il precedente governo guidato da Giuseppe Conte sia quello attuale guidato da Mario Draghi. La più grossa è anche la più ripetuta: «Ce lo chiedono gli scienziati». No, gli scienziati non hanno mai imposto al governo un fico secco. Anzi, quasi sempre non prendono decisioni e conformano le loro opinioni a quel che i governi chiedono a loro. Autonomia zero. 

E ogni scelta viene in realtà fatta dal ministero della Salute guidato da Roberto Speranza, spesso proprio dal ministro stesso che poi invece ne attribuisce la paternità appunto «agli scienziati», ed è quasi sempre falso. Esempio luminoso è proprio quel che accade fra il 29 e il 30 aprile, quando in gioco ci sono due decisioni che sembrerebbero squisitamente tecniche, proprie dei virologi: spostare o meno fino al 42° giorno dalla prima la seconda dose dei vaccini Pfizer e Moderna, e fare o meno la seconda dose AstraZeneca a chi aveva ricevuto la prima indipendentemente dall'età. Scelte che dovrebbero fare i virologi.

 

Invece accade questo. Il 29 aprile si presenta davanti al Cts il generale Francesco Paolo Figliuolo che racconta tutto quel che ha fatto dal momento in cui gli è toccato prendere in mano la campagna vaccinale. E spiega che le cose sono andate benino quasi dappertutto, con discreta collaborazione delle Regioni salvo che in Calabria, la sola dove funziona poco o nulla la campagna vaccinale. Ci sono però alcuni imbuti che frenano la somministrazione, non ultimo quello della consegna delle dosi spesso in ritardo (AstraZeneca dà buca per settimane e poi fa arrivare le dosi previste solo a poche ore dal termine ultimo), ma anche la resistenza di molti italiani ad accettare il vaccino anche in fasce di età fragili. Può diventare un problema. Allora il generale Figliuolo spiega che se si ritardasse la somministrazione della seconda dose dei vaccini a Rna, portando l'intervallo fino a 42 giorni dai 21 previsti per Pfizer e dai 28 per Moderna, a maggio si sarebbero potuti vaccinare 3 milioni di ultrasessantacinquenni in più, cosa che a lui premeva molto.

 

Figliuolo sa che esiste una circolare del ministero della Salute che giustamente indicava gli unici intervalli considerati sicuri (i 21 e i 28 giorni), ma fa presente che quella circolare non obbligava nessuno e che altri Paesi avevano deciso di spostare la seconda dose. Lo farebbe volentieri anche lui, ma avrebbe bisogno per firmare una ordinanza tranquilla di un «avallo delle autorità sanitarie e di un conforto di un parere degli organi tecnico-scientifici, primo fra tutti il Cts». Il generale solleva anche un altro tema, quello della seconda dose AstraZeneca da dare a chi ha fatto la prima senza tenere conto dell'età. Per lui sarebbe più comodo darla, ma se invece deve fare il cocktail vaccinale somministrando a chi ha meno di 60 anni Pfizer o Moderna nella seconda dose, può stare tranquillo che non ci sia problema per nessuno dei vaccinati?

 

Si apre il dibattito fra gli «scienziati» su queste richieste e prende la parola il coordinatore del Cts, Franco Locatelli, che fa solo il riassunto delle due richieste di Figliuolo. Aggiunge che esiste «l'astratta utilizzabilità anche di un vaccino diverso per la seconda di AstraZeneca», ma aggiunge che «orientarsi verso tale ultima scelta determinerebbe ritardi e disfunzioni nell'andamento della campagna vaccinale, che non sarebbero giustificati, ove si consideri che l'utilizzo del vaccino AstraZeneca anche per la seconda dose è scelta considerata efficace sul piano scientifico». Che decide allora il Cts? Nulla di nulla. Semplicemente «concorda sulla opportunità che - a nome del Comitato - il Coordinatore professore Locatelli prenda contatti con l'Autorità politica, per averne una indicazione circa l'opportunità e i tempi di un eventuale esame, da parte del Comitato, delle questioni sollevate dal commissario straordinario». Dal verbale del 30 aprile - giorno successivo - sappiamo che l'autorità (noi la scriviamo minuscola) a cui Locatelli è andato a chiedere permesso è proprio il ministro della Salute, Speranza. Che autorizza il Cts a rispondere al generale Figliuolo sull'allungamento dell'intervallo per la seconda dose Pfizer e Moderna e sulla somministrazione della seconda dose AstraZeneca anche a chi ha meno di 60 anni. In entrambi i casi il Cts dice sì alle richieste di Figliuolo, come evidentemente gli aveva detto di fare Speranza a cui si era chiesto il permesso. Ma nel verbale scrivono che «pur di fronte a studi registrativi che indicano come la seconda dose per i vaccini Pfizer e Moderna sia di 21 e 28 giorni rispettivamente, è raccomandabile un prolungamento nella somministrazione della seconda dose nella sesta settimana dalla prima dose». Fra le ragioni di questa scelta il Cts cita: «In uno scenario in cui vi è ancora necessità nel Paese di coprire dal rischio il maggiore numero possibile di soggetti nel minore tempo possibile», e «allungare l'intervallo fra le due somministrazioni di vaccino è stimato, come detto ieri dal commissario straordinario generale Figliuolo, che potrebbe consentire di incrementare fino a 3 milioni il numero di soggetti che ricevono la prima dose entro il mese di maggio».

 

Sono motivazioni politiche, che non spettano agli scienziati, ma a membri del governo che dovrebbero assumersi pubblicamente le proprie responsabilità (come ha fatto con le sue scelte Boris Johnson in Gran Bretagna), e invece scaricano sugli scienziati decisioni che non hanno nulla di scientifico alla loro base. Su AstraZeneca invece il Cts dice che è sicuro fare anche ai più giovani la seconda dose, perché non c'è casistica di trombosi in questi casi. Questo è un parere scientifico, che come sappiamo verrà cambiato dopo la morte della povera Camilla Canepa. Non abbiamo ancora i verbali di quella riunione, ma è facile immaginare perché gli scienziati sono stati costretti a dire il contrario di quello che pensavano. E da chi. Certo, se l'indipendenza della scienza è questa, c'è da pensare seriamente in che mani siamo stati messi quest'anno e più...
 

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