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Draghi non toglie la mascherina agli italiani. Per quanto dovremo portarla

Luigi Frasca
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«Dopo un anno e mezzo, stiamo iniziando a vedere la fine di questa tragedia. Per la prima volta, la normalità si avvicina». Il premier Mario Draghi apre all’insegna dell’ottimismo il Global Health Summit di Roma, che conduce insieme alla presidente Ue Ursula von der Leyen da villa Pamphili mentre leader, scienziati e aziende si collegano in videoconferenza da tutto il mondo. Per voltare pagina però «dobbiamo vaccinare tutti, il più presto possibile».

 

Lo sguardo corre all’emergenza dei Paesi più poveri, dove la crisi sanitaria rischia di diventare «una catastrofe» con l’aggravarsi dei debiti sovrani. «Come Europa doneremo 100 milioni di dosi nel 2021 e i nostri partner industriali garantiranno a questi paesi 1,3 miliardi di dosi quest’anno e oltre 1 miliardo nel 2022», assicura von der Leyen, annunciando l’iniziativa per «la produzione di vaccini in Africa tramite lo sviluppi di diversi hub regionali distribuiti nel continente e un miliardo di investimenti». «Un piccolo Paese come il mio, l’Italia ha promesso 300 milioni a Covax e ha offerto 15 miloni di vaccini nel pool delle donazioni», annuncia Draghi. Angela Merkel ha messo sul piatto 30 milioni di dosi e cento milioni di euro per sostenere Covax.

 

Si guarda anche al futuro, perché bisogna imparare dagli errori fatti nei mesi più difficili dell’ultimo anno e mezzo «ed è molto importante prepararci per la prossima pandemia che ci sorprenderà», dice il premier. Sull’ipotesi di un trattato per gli impegni della dichiarazione di Roma «potremmo averne bisogno ma ci vuole tempo, siamo certi che gli impegni presi oggi verranno onorati. Le aziende farmaceutiche si sono impegnate, è una mossa importante che cambierà lo scenario».

Nel frattempo si lavora anche sul fronte della produzione e della distribuzione. «Sono convinto che gli Usa toglieranno queste barriere alle esportazioni», dice il premier italiano rimarcando l’impegno europeo «che ha esportato anche a chi poi bloccava l’export». Ma sulla questione dei brevetti «l’idea è una sospensione temporanea e circoscritta: ha il vantaggio che è immediato, diretto, ma non è sicuro che basti perché la produzione dei vaccini è estremamente complessa e lo stop ai brevetti non garantisce che i Paesi a basso reddito siano effettivamente in grado di produrre i propri vaccini. Dobbiamo sostenerli finanziariamente e con competenze specializzate».

 

La Dichiarazione di Roma, rimarca il premier, «difende giustamente il ruolo del sistema di scambi multilaterali e in particolare il ruolo centrale dell’Organizzazione mondiale del commercio. Dobbiamo preservare il commercio transfrontaliero ed eliminare barriere ingiustificate e divieti generali di esportazione. Questo è essenziale se vogliamo reagire efficacemente agli shock».

Nei sedici principi che compongono la dichiarazione di Roma c’è l’impegno a «sostenere l’obiettivo di un recupero sostenibile, inclusivo e resiliente che promuova la progressiva realizzazione del diritto per tutte le persone al godimento del più alto standard di salute raggiungibile». È un evento «storico e speciale» sottolinea von der Leyen, «per la prima volta i Paesi del G20 si sono impegnati su principi di base a partire da quello del multilateralismo e del no al nazionalismo sanitario».

L’Italia - annuncia poi Draghi - avrà il suo green pass prima di quello europeo. Il premier è convinto che è ora di riaprire ai turisti: «La situazione della pandemia sta migliorando e questo ci dà ottimismo e fiducia per il futuro: è questo il modo migliore per far tornare il turismo». «Abbiamo rafforzato i voli Covid tested ed eliminato la quarantena da alcuni paesi, vogliamo che il turismo ritorni e presto, accogliamo visitatori da tutto il mondo».

Il pass italiano comunque, assicura, sarà coordinato con quello europeo, «stiamo lavorando con la commissione». Sui tempi di Bruxelles la presidente Ursula von der Leyen è ottimista: «Saremo pronti a giugno», assicura spiegando che «ieri c’è stato un accordo politico, bisogna lavorare molto dal punto di vista tecnico ma ora siamo a maggio. Non tutti sono pronti, l’Italia sta lavorando benissimo». 

«Dopo un anno e mezzo, stiamo iniziando a vedere la fine di questa tragedia. Per la prima volta, la normalità si avvicina», assicura il premier convinto però che «la nostra priorità deve essere quella di garantire che tutti noi superiamo quella attuale insieme. Dobbiamo vaccinare il mondo e farlo velocemente». Se ne esce solo insieme, Draghi ne è convinto, anche perché le disparità tra Paesi «non sono solo inaccettabili, sono anche una minaccia. Finché il virus continua a circolare liberamente in tutto il mondo, può mutare pericolosamente e compromettere persino la campagna di vaccinazione di maggior successo».

E le mascherine? Mentre si torna alla normalità, non è ancora l’ora di lasciarla a casa: «Ancora no, un paio di mesi» prevede il premier scherzando con i fotografi che gli chiedevano di per la foto opportunity con von der Leyen.

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