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Walter Biot, la spia italiana scelta dai russi cerca una palestra a Regina Coeli

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Non ha davvero capito fino in fondo in che guaio si è cacciato e dove diavolo è finito Walter Biot, il capitano di fregata arrestato dai carabinieri del Ros mentre consegnava documenti militari top secret di Italia e Nato a un militare russo.

 

Lo hanno rinchiuso a Regina Coeli in isolamento, ma mica deve avere capito che quello è un carcere e non un resort. Secondo il retroscena pubblicato dal Messaggero che ha parlato con il suo difensore di fiducia Roberto De Vita (qui nella foto davanti alla porta del carcere romano), Biot ha chiesto ai secondini: “Scusate, dove è la palestra che mi vorrei allenare un po'?”. Poi si è rassegnato a qualche piegamento in cella per sgranchirsi i muscoli. E si è messo a un tavolino a scrivere lunghe missive alla famiglia, con ordini precisi a moglie e figli perché la vita vada avanti.

 

Per il resto del tempo legge qualche buon libro che gli è stato concesso e ovviamente anche l'ordinanza che lo ha portato in carcere appuntandosi i primi elementi della sua difesa.

 

A Regina Coeli  Biot è trattato bene, e gli hanno fatto arrivare anche biancheria pulita, qualche indumento, carta, penna e libri portati dalla moglie. Grazie all'isolamento Covid previsto come quarantena per chiunque arrivi in carcere la “spia italiana” può contare anche su "una stanza singola con bagno proprio”, ed evidentemente si è convinto di essere finito in una struttura modello, come accade spesso in America. Ma la sistemazione è solo provvisoria, e dopo un paio di settimane le comodità iniziali verranno meno.

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