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La scelta di Paragone: rifiuto il vaccino perché non so cosa mi nascondono

Gianluigi Paragone
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Giornalista e politico. Le definizioni mi seguono, mi caratterizzano, mi identificano. O almeno così dovrebbe essere. Nel gioco delle schematizzazioni apparterrei a due «caste» che recentemente sono entrate nel dibattito dei vaccini a proposito dell’urgenza di immunizzare determinate categorie. I parlamentari e i giornalisti sarebbero tra queste, per effetto di non so quale criterio.

 

Per farla breve, rinuncio alla mia doppia precedenza: cedo le mie posizioni di vantaggio a favore di chi si sentisse più bisognoso e più a rischio. Lo faccio per due ordini di ragioni. 

La prima è facile: il Covid me lo sono già beccato a novembre (ventitré giorni chiuso in casa, in isolamento, prima di tornare negativo) e quindi diciamo che ho o dovrei avere una immunizzazione superiore ad altri che non lo hanno avuto.

 

La seconda ragione è più «politica», forse più provocatoria ma comunque non meno oggettiva della prima. Rifiuto il vaccino perché da parlamentare e da giornalista non mi fido di ciò che mi viene criptato, nascosto, propagandato. Sono mesi che continuo in parlamento, in televisione e su questo giornale a chiedere una conoscenza dei contratti tra Ue e governi con le multinazionali del farmaco; sono mesi che chiedo con interrogazioni parlamentari di smetterla con tanta inutile segretezza rispetto ai contratti e al suo oggetto (cioé i vaccini), o rispetto alle forniture di mascherine e alla loro reale efficacia. Nulla, nessuna risposta. Quindi se ora su AstraZeneca sale il panico, è normale.

Ricordo addirittura un battibecco con Stefano Bonaga, entrambi ospiti di Stasera Italia, dove il filosofo rigettava l’idea che la sua amata Europa o il suo governo potessero negare la trasparenza o l’accesso agli atti. Poche settimane dopo è toccato a una europarlamentare di sinistra mostrare in che modalità il contratto con Big Pharma viene concesso ai rappresentanti del popolo: intere pagine oscurate con bande nere al posto delle parole.

 

Ora, io domando come possa un parlamentare nonché giornalista accettare che non vi siano trasparenza, informazioni, dibattito e nemmeno una legge di riferimento in una materia così delicata come la somministrazione dei vaccini. Insomma, dovremmo accettare le fiale come se si trattassero di una verità consacrata, un Credo scientifico che si fa Fede. Ecco, non ci sto e sono disposto a usare il mio corpo come «quaestio politica». Qualcuno potrebbe ribattere: ma così metti a rischio gli altri. La mia risposta è: lo metto a rischio meno di coloro che vietano la trasparenza, che oppongono la segretezza alimentando così le paure. I dubbi che stanno aumentando da parte della popolazione circa i vaccini in generale (e quelli di AstraZeneca in particolare) sono figli di questo atteggiamento feudale da parte di nuovi padroni globali: «Voi non dovete sapere».

Non posso consentire - ma soprattutto non lo dovrebbe il Capo dello Stato - che al parlamento sia stata finora preclusa la possibilità di discutere e legiferare in materia. Siamo sempre fermi alle parole dei governanti, ora europei ora italiani; alle avvertenze degli pseudoesperti di turno o degli amministratori delegati delle multinazionali. Fermi alle loro promesse o alle loro minacce. Che neutralizzo sottraendomi per libera scelta alla vaccinazione.

Ps. Siccome so di essere minoranza, il governo si sbrighi a vaccinare tutti coloro che lo richiedono perché finora non sono stati capaci. Né lo saranno da qui a giugno, quando il virus calerà di suo.
 

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