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Natale da virologo ai tempi del Covid: che tristi le feste dei nostri esperti

Antonio Siberia
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Un Natale da virologo, da chi si svaga sempre poco. Parafrasando una famosa canzone di Luciano Ligabue, "Una vita da mediano", viene oggi da porsi una domanda banale ma attuale vista la loro eterna presenza in televisione e sugli altri media: ma gli esperti ai tempi del Covid-19 - si insomma i virologi, gli infettivologi, eccetera, eccetera - come trascorreranno il loro Natale 2020? Perché va bene dispensare consigli sui giornali, in tv, ogni santo giorno che Dio mette sulla terra ma insomma anche un po' di auto -racconto non guasterebbe.

La domanda ovviamente non sorge spontanea ma sbuca fuori dopo la lettura, alcuni giorni fa, sul "Corriere della Sera", di una intera pagina dedicata a come sarà il Natale degli esperti, con sotto di seguito otto interviste - dicasi otto - ovviamente a otto di loro. E siccome tre per otto = 24 ed è la somma che fa il totale (come spiegava Tote) nel secolo scorso, mica Roberto Saviano), noi anziché soffermarci sui singoli esperti, sul loro Jingle Bell che non ci interessa più di tanto, ci concentreremo sull'insieme, per cogliere il tono del racconto. Perché dalle risposte degli esperti viene fuori una narrazione collettiva e nazionale su questo Natale 2020 che è da dimenticare ancor prima di essere cominciato.

Partiamo dunque, con il florilegio del Natale visto dagli esperti. «Resterò a casa, solo con mio marito. Non amo la mondanità e in genere mi allontano raramente dalla città in cui abito e lavoro. Non vado in giro per negozi. Regali? Solo se sono utili. Non seguo le tradizioni tanto più adesso che viene richiesta sobrietà». E ancora: «Sono stati esclusi gli amici con cui ci vedevamo dopo il 25. Fra gli esclusi non ci sono invece i dolci napoletani. A tavola non mancheranno le ciambelle rococò con frut ta secca». Oppure, per cambiare almeno un pochino: «Come passed) il Natale? Bella domanda, non lo so ancora. La riunione di famiglia solitamente organizzata è a rischio e mi sa tanto che salterà, a quel punto passed) al piano B: farne un giorno come un altro e non mi dispiace».

Coraggio lettori, andiamo avanti. Tenetevi forte. «Siamo tutti dispiaciuti di restare separati. Sarà un giorno tristarello, ma non c'è alternativa». Oh che bel castello, un Natale tristerello. Ma proseguiamo. «Quest' anno saremo solo io, mio marito e i figli. Essendo conviventi almeno potremo stare senza mascherina. Dopo cena, prima del coprifuoco, passeremo poi un'oretta a casa dei miei genitori, il tempo di scambiarci doni e auguri. Tutti stavolta con la mascherina». Un Po' meglio suvvia. Ancora uno sforzo. «La sera del 24 saremo io e mia moglie, per il pranzo tradizionale del 25 a Milano saremo non meno di 6, di sicuro non più di 10, certo quest' anno è complicato perché a Natale bisogna accontentare il mondo. Invitati speciali: Santa Mascherina e Santo Tampone che io certo fad) prima di andare a salutare le vecchie zie». Chissà, forse non sarà così male questo Natale che verrà. Ma non ci fermiamo adesso.

«Visto che sarebbe stata una scelta improba, chi ammettere e chi escludere dalla cerchia ristretta dei 6 commensali per la sera di Natale, io e il mio compagno abbiamo preso la decisione di non fare nulla, cenare noi due da soli e poi scambiarci con gli altri gli auguri via WhatsApp. Con la promessa però di ritrovarci tutti appena il Covid ci abbandonerà». Nell'attesa però c'è sempre questo Santo Natale da passare: «Fad) il tampone anti genico a tutti, quel giorno vogliamo essere liberi di abbracciarci. A cena oltre a me ci sarà mia madre, 92 anni, mio fratello e mio figlio con nuora e due nipoti di 13 e 16 anni».

Ma allora un po' di libertà esiste ancora? Coraggio. Avanti, scopriamo il resto. «Amo molto il Natale, le luci, gli addobbi, l'albero e il presepe. Anche mio marito, infettivologo: il giorno del 25 lavoreremo entrambi, co si io passed) in reparto a salutare i pazienti. La sera del 24 invece saremo a cena a casa con nostro figlio. Gli anni scorsi era tradizione ritrovarci tutti il 26, coi fratelli, i genitori di mio marito, le cognate. Io facevo il tiramisù. Poi partivamo per le Dolomiti. Quest' anno, con le piste chiuse, faremo forse una ciaspolata». Che visti i tempi è già qualcosa. Una ciaspolata. Certo se oggi un marziano capitasse da queste parti, a Roma, insomma in Italia, e leggesse le raccomandazioni per le feste o il come passeranno il Natale gli esperti virologi, infettivologi, eccetera, eccetera - la prima cosa che si chiederebbe più che marziana sarebbe elementare: «Ma questi umani come caspita fanno a chiama re feste di Natale una roba del genere? UFO macchinista, accendi motori dell'astronave che ce ne ripartiamo subito. Questa Terra non ci piace». Via, via, verso lo spazio ma con un'ultima domanda da lasciare in dono agli umani: «Ma il virologo Roberto Burioni, cazzo farà per Natale?".

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