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Il re del viagra scopre il vaccino per il Covid

Dario Martini
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Dalla pillola blu contro la disfunzione erettile al farmaco per debellare il coronavirus. Cinque giorni dopo le elezioni americane, la statunitense Pfizer (il gigante farmaceutico che produce il Viagra) e la tedesca Biontech annunciano la fine della sperimentazione del vaccino contro il Covid-19. E, soprattutto, garantiscono: «È efficace al 90%».

Il premier Conte puntava su altri. L’Italia, infatti, ha sempre sperato che la prima a fare il fatidico annuncio fosse l’Astrazeneca, che sta sviluppando un altro vaccino assieme all’Università di Oxford e all’Irbm di Pomezia. Fortunatamente, la presidente della Commissione Ue ci mette subito una pezza: «Nell’Unione europea ne arriveranno 300 milioni di dosi. Il contratto con Pfizer-Biontech sarà firmato presto». Per Ursula von der Leyen non è solo un successo made in Usa, ma anche la dimostrazione che «la scienza europea funziona». Un traguardo che, però, parla anche turco. La Biontech, infatti, è stata fondata dai figli di due immigrati che vengono dal Paese oggi governato da Erdogan. Si chiamano Ugur Sahin e Oezlem Tuereci. Sono marito e moglie, ceo e chief medical officer dell’azienda con sede a Magonza. Sahin è stato tra i primissimi ad imbarcarsi in questa corsa. Sin da gennaio, quando la pandemia non aveva ancora travolto il mondo occidentale. Il loro progetto si chiama «Lightspeed» (velocità della luce) e ha avuto da subito l’obiettivo di sviluppare il vaccino entro il 2020. «È una vittoria per l’innovazione e la scienza - afferma euforico Sahin - Uno sforzo di collaborazione globale. Quando abbiamo intrapreso questo viaggio, dieci mesi fa, questo era ciò che aspiravamo a ottenere». Trionfalistici anche i toni di Albert Bourla, presidente e ceo di Pfizer: «Oggi è un grande giorno per la scienza e l’umanità. La prima serie di risultati del nostro studio di fase 3 sul vaccino Covid-19 fornisce la prova iniziale della capacità del nostro vaccino di prevenire il Covid-19». Ora bisognerà attendere l’analisi dei dati sulla sicurezza e l’autorizzazione delle agenzie regolatorie. Le due aziende sono le prime a diffondere i dati conclusivi dei trial. La speranza è che il via libera alla messa in commercio arrivi, almeno negli Stati Uniti, entro novembre. Subito dopo dovrebbe toccare all’Europa. L’obiettivo è di avere 50 milioni di dosi, sufficienti per 25 milioni di persone visto che la somministrazione prevede due dosi, entro la fine dell’anno. E 1,3 miliardi di dosi nel 2021. Il Big Pharma americano - ricorda il Washington Post - ha investito 2 miliardi di dollari di fondi suoi nel progetto e ha chiuso un contratto da 1,95 miliardi di dollari con il governo statunitense per fornire 100 milioni di dosi, una volta che il vaccino si dimostrerà efficace e sarà approvato. Ma è già previsto che possano arrivare a mezzo miliardo.

Il vaccino utilizza una tecnologia innovativa. Ogni iniezione contiene nanoparticelle lipidiche - bolle di grasso - che circondano una striscia di materiale genetico, l’Rna messaggero. Dopo che il siero è stato iniettato, la capsula adiposa trasporta il suo carico "prezioso" nelle cellule e l’Rna messaggero le istruisce a costruire la proteina Spike, insegnando efficacemente al sistema immunitario come riconoscere e bloccare il coronavirus. È lo stesso approccio utilizzato da un altro candidato vaccino contro Covid, quello sviluppato dall’azienda biotech Usa Moderna.

Abbiamo detto della Ue con le sue 300 milioni di dosi (200 già prenotate e 100 opzionate). Il Regno Unito, invece, ne ha ordinate 30 milioni, ma oggi Boris Johnson ha parlato di 40 milioni. Per il premier britannico sarà «l’inizio della fine dei problemi. La gente si chiederà se i progressi con il vaccino Pfizer significhino che siamo vicini all’inizio della fine della lotta contro il virus. Non sono ancora stati eliminati tutti gli ostacoli alla sicurezza del vaccino. Una volta che lo saranno, il Regno Unito sarà tra i primi a usarlo. Se supererà tutti i test, il governo inizierà un programma di vaccinazione».

Il Giappone ha prenotato 30 milioni di dosi, il Canada altre 20, con l’opzione di arrivare a 76. Va ricordato anche che Biontech sta lavorando con la Shanghai Fosun Pharmaceutical Group per vendere il vaccino anche in Cina. La distribuzione sarà un tema molto complesso. «Dovremo fare in modo di trovare una maniera equa», ha commentato Ugur Sahin. Il vaccino richiede temperature rigidissime per un’adeguata conservazione (-80 C°) il che renderà la distribuzione non semplice. Quel che è certo è che, se il G7 rastrellerà tutta la produzione prevista per il 2021, non ne resterà per il Sudamerica, per l’Africa e per quasi tutta l’Asia.

 

 

Moderna e AstraZeneca, le altre due società occidentali più avanti nella sperimentazione, dovranno cercare di arrivare prima della Cina e garantire una distribuzione improntata anche a una logica umanitaria. In caso contrario, il Dragone si troverà di fronte una chance incredibile per espandere il suo già soverchiante soft power nelle aree più povere del mondo. Nella grande corsa al vaccino sembra al momento fuori gioco la Russia, che pure ha inviato alcune dosi del suo Sputnik V a nazioni alleate come il Venezuela. Secondo quanto hanno riferito diverse fonti mediche alla Reuters nei giorni scorsi, la produzione del vaccino russo non riesce a tenere testa nemmeno alla domanda necessaria per completare la fase sperimentale.

Negli Usa, il presidente eletto Joe Biden promette che il vaccino sarà distribuito gratuitamente, ma ricorda a tutti che «la fine della battaglia contro il Covid è lontana mesi». Il ministro della Salute italiano, Roberto Speranza, utilizza la stessa cautela: «Sono notizie incoraggianti. Ma serve ancora tanta prudenza. La ricerca scientifica è la chiave per superare l’emergenza. Nel frattempo, non dobbiamo dimenticare che i comportamenti di ciascuno di noi sono indispensabili per piegare la curva». Quasi spazientito è invece Walter Ricciardi, consigliere di Speranza per l’emergenza: «Sarebbe il caso che queste aziende non facessero annunci, che peraltro hanno ricadute importanti sui loro bilanci. Li facessero in maniera molto più riservata».

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