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Coronavirus, se nessuno mette la mascherina è colpa degli esperti. Da Ippolito missile ai colleghi

Parla Giuseppe Ippolito, direttore scientifico dello Spallanzani e membro del Comitato tecnico-scientifico del govenro

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Se non si vedono più tante mascherine in giro la colpa è anche degli esperti, sempre più divisi. Ad affermarlo è l'infettivologo Giuseppe Ippolito, direttore scientifico dell'istituto Spallanzani ma anche membro del CTS - Comitato tecnico-scientifico che supporta il governo di Giuseppe Conte nella lotta al Covid-19.

I nuovi focolai, dice il professore in un'intervista al Corriere della sera, "dimostrano che il virus non è morto", proprio per questo "dobbiamo applicare le banali misure di prevenzione che dovrebbero essere entrate nelle nostre consuetudini. Indossare la mascherina, rispettare le distanze e curare l'igiene delle mani", ribadisce Ippolito che sta per pubblicare un libro sul coronavirus. Misure spesso non tradotte in gesti concreti: "Le mascherine sono cadute in disuso, vedo e mi raccontano che sono troppo spesso dimenticate, come se non servissero più. Invece restano fondamentali. Credo che la gente abbia perso fiducia nella scienza". E negli scienziati, verrebbe da dire. "Finché la comunicazione era univoca, 'il virus c'è e fa male, punto' i cittadini hanno seguito le raccomandazioni - continua l'esperto dello Spallanzani -  Poi sono cominciate le divisioni e la confusione può aver creato un rilassamento nei comportamenti che invece sono fondamentali per tenere a bada il virus".

 

E sulla possibilità di una seconda ondata del coronavirus Ippolito non si sbilancia: "Non rispondo né sì né no. Il virus non è morto, è contagioso come prima e può riprendersi. Più circola, più aumenta il rischio di avere vittime. Oggi il numero di casi gravi è stato abbattuto e dobbiamo far sì che resti più basso possibile tenendo a bada i focolai interni e stando molto attenti a non importare casi dai Paesi dove il sistema di tracciamento non è affidabile come il nostro". 

 

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