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Rebus Allegri alla Juventus, da salvatore della patria a perdente

Christian Campigli
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Da “fino alla fine” a “zero tituli” il passo è lungo. Interminabile. Assomiglia maledettamente alla distanza siderale tra vincere e perdere. Tra concludere una stagione con dei trionfi o schiumare di rabbia e restare a guardare la gioia degli altri. Massimiliano Allegri conclude la notte romana di Coppa Italia nel peggiore dei modi. Non solo la sua Juventus viene sconfitta, per la seconda volta, in una finale contro l'Inter. Lui perde le staffe in panchina, sbraita contro tutti e viene espulso. A fine gara dirà di essere stato colpito con un calcio da un componente dello staff interista. Un episodio che non viene ripreso con la necessaria velocità dalla regia di Mediaset.

Nel dubbio, resta un dato sportivo ineluttabile: i bianconeri non alzeranno al cielo alcun trofeo in questa annata disgraziata. Un risultato pessimo, soprattutto se paragonato ai trionfi dell'ultima decade. Bisogna tornare al 2011 e alla gestione di Gigi Del Neri per trovare una Juve perdente. Persino l'odiato Sarri e il giovane e inesperto Pirlo avevano portato a casa uno scudetto e una coppa. Acciughina, tornato alla Continassa come il salvatore della patria, si è rivelata una minestra riscaldata. Insipida. Gioco noioso, risultati scadenti e un campione, Dusan Vlahovic, pagato settanta milioni di euro a gennaio, appare oggi triste, insoddisfatto e con un rendimento pessimo. Soprattutto se paragonato a quello del girone di andata. Quando indossava la maglia della Fiorentina e segnava in ogni partita.

 

 

 

 

La rosa bianconera non è di prima qualità, questo va detto. Troppi gli elementi a fine corsa. E l'infortunio di Chiesa non ha certo aiutato. Ma alcune scelte del mister non hanno convinto, il continuo e ossessivo cambio di modulo ha portato più confusione che imprevedibilità. Allegri guadagna sette milioni di euro l'anno e, in molti chiedono la sua testa. La proprietà, Lapo Elkann su tutti, non sembra convinta di andar avanti col toscano. Che, è bene ricordarlo, in un recente passato è stato artefice di cinque scudetti di fila e due finali di Champions. L'allievo di Galeone sembra però aver smarrito il magic touch. Le prossime settimane, la sfida mai banale all'ultima giornata contro i viola di mister Italiano e le richieste sul mercato ne disegneranno il futuro. Il presente, mesto e triste, racconta l'evoluzione di un allenatore da sempre vincente, tornato come il salvatore della patria e trasformatosi in dieci mesi nella più insipida delle minestre riscaldate.

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