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Totti presenta il libro al ColosseoBattute, frecciate, gag e ricordi

Francesco Totti

Alla Raggi: "Andavamo alla stessa scuola? Sì ma io non venivo mai"

Alessandro Austini
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Il monumento vivente dentro il Monumento. Totti al Colosseo, un binomio che vale di per sé la serata. Roma aveva salutato il Francesco calciatore all'Olimpico piangendo tutti insieme in quel 28 maggio 2017 indimenticabile, unico. E ora ritrova il Totti dirigente che ha appena scritto la sua biografia insieme al giornalista Paolo Condò. “Sarà il primo libro che leggo, finora sto a zero”. Inizia così la presentazione di “Un capitano”, edito da Rizzoli e in vendita da ieri, allestita dentro l'anfiteatro più suggestivo del mondo. Una battuta che fa subito capire i toni dell'evento. Niente formalità, ma una gag dietro l'altro, con la spontaneità di un Totti più divertente che mai. In fondo è sempre lo stesso di prima, anche se ora va in giro in giacca e cravatta per gli stadi d'Italia. “Non è cresciuto molto – gli dice in modo quasi paternale Di Francesco, prima compagno e ora allenatore da proteggere e consigliare – perché secondo me non sa ancora bene cosa vuole fare da grande. Perciò gli consiglio di iniziare a leggerli davvero i libri, lo aiuterà a capire meglio”. Eusebio è l'ultimo amico a salire sul palco del Colosseo, una sfilata di ex giocatori, allenatori, dirigenti, politici. C'è anche la sindaca Raggi a regalare un annedoto: “Andavo alla stessa scuola di Francesco, la Pascoli, non lo conoscevo ma si parlava già di lui perché tutti sapevano che stava per diventare un calciatore della Roma”. Fantastica la replica di Totti: “Ti credo che non mi vedevi, non ci venivo quasi mai a scuola!”. Insomma questo il clima, romano al massimo, dentro il posto più romano che ci sia per celebrare il simbolo di una città capace di massacrare tutti ma lui no. I cori da stadio dai tifosi appollaiati fuori le transenne arrivano sin dentro il Colosseo, perché Totti è ancora il capitano da osannare e ringraziare a prescindere. Risate, gag, ricordi, emozioni. Tutta la famiglia in prima fila, Ilary, i figli, mamma Fiorella “a cui non avrei saputo dire “vado al Real Madrid” e anche pensando a lei non ho accettato”, fino a papà Enzo “un po' abbondante” come lo definisce scherzando l'esilarante Cassano. “Il più forte con cui abbia mai giocato, ci capivamo con uno sguardo” ribadisce Totti con sincerità. E Totò ricambia. Il retroscena forse meno conosciuto riguarda la scelta del sostituto di Spalletti (uno dei bersagli del libro insieme al dimissionario Franco Baldini: ovvviamente entrambi non invitati ieri), quando si dimise nel 2009. “La società ci convocò a Villa Pacelli – racconta l'ex numero 10 – eravamo io, De Rossi e Perrotta. Ci dissero che si doveva decidere tra Ranieri e Mancini, io e gli altri volevamo il secondo che aveva un profilo più internazionale. Poi la sera arrivo a casa, accendo la tv e leggo: Ranieri allenatore della Roma. Bene!”. Il testaccino è lì vicino mentre Francesco racconta di quella riunione carbonara, “non la sapevo sta storia”, e poi gli chiede scusa per non avergli fatto giocare la finale di Coppa Italia con l'Inter dall'inizio. “E' colpa tua se ho dato quel calcio a Balotelli, ero troppo arrabbiato perché stavo in panchina”. Ma la “rosicata” storica è quella del Mondiale 2006. Lippi lo lascia inizialmente fuori con l'Australia, poi gli chiede di entrare e Totti decide la sfida su rigore. “Ero avvelenato, ma non gli ho detto niente”. E Lippi conferma: “Non mi sono accorto di nulla”. Ed è andata benissimo così. Altri momenti sparsi da ricordare: Baldissoni che lo sgrida bonariamente “per il casino che mi hai combinato ieri”, con riferimento alle dimissioni di Baldini, i racconti di Veltroni sull'impegno sociale di Francesco, il duetto tra capitani con De Rossi, Di Francesco che consiglia a Monchi “di fare subito il contratto al figlio Cristian”. E la chiusura con la voce di Luca Ward a leggere l'ultima pagina del libro, in cui Totti parla della sua nuova vita da dirigente e della voglia di restare vicino all'area tecnica, “perché io un giocatore forte lo so riconoscere da come stoppa un pallone”. C'è ancora vita per Totti nella Roma.      

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