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Simone Pieretti De Rossi suona la carica, gli azzurri usano il buon senso.

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Ilgruppo è partito per la Polonia senza fissarli, c'era però un'intesa di massima verso cifre al ribasso, visto la situazione economica del Paese. Sarà il presidente federale Abete eventualmente a deciderli. Alcuni giocatori, come De Sanctis hanno tra l'altro espresso l'intenzione di devolvere cifre ai terremotati dell'Emilia. Ma il pensiero adesso è solo all'Inghilterra. «Sono all'Europeo per vincerlo - ammette De Rossi - mancano solo tre passi per arrivare fino in fondo, anche se sono belli lunghi. E noi siamo pronti a questa guerra di nervi». Spavaldo e fiero come un legionario, il romanista si presenta in sala stampa da veterano. Ha una parola buona per tutti, la prima è per il collega Balotelli. «Mario comincia a diventare grandicello - afferma il centrocampista di Ostia - a 22 anni inizia ad essere un ometto: sa che deve prendersi le sue responsabilità». Dopo Marchisio, è il secondo messaggio non tanto cifrato che gli arriva dai compagni di squadra. «Non c'è un caso Balotelli - continua il mediano romanista - chi va in panchina è sempre meno contento , io lo vedo molto tranquillo. Se fossi in lui non vorrei un trattamento differente rispetto a tutti gli altri. Nel 2006, quando sono stato espulso per aver dato una gomitata a un avversario non ho ricevuto trattamenti di favore: son esperienze che formano il carattere di un giocatore». L'euforia con cui è stato vissuto il passagio del turno in Italia non ha avuto riscontri in Polonia e Ucraina, dove i tifosi italiani al seguito degli azzurri sono in numero esiguo. «In Germania eravamo in casa - sottolinea De Rossi - grazie anche alla numerosa presenza degli emigrati italiani che lavoravano e vivevano lì. Qui è differente, ci sono molti meno connazionali al seguito, anche perchè attraversiamo un periodo particolare dal punto di vista economico. Di questi tempi chi ha la possibilità di sobbarcarsi una trasferta del genere? Gli inglesi sono da sempre abituati a seguire in massa le partite della loro nazionale. A Kiev giocheremo ancora in trasferta, ma in campo saremo undici contro undici». L'Inghilterra di Hodgson finora non ha messo in mostra un calcio spettacolare, anzi. «Non la dobbiamo scoprire ora - afferma il centrocampista della Roma - questa squadra poi ha l'impronta italiana. Fortunatamente sulla panchina non c'è Capello, è il tecnico che più mi ha aiutato nella carriera. Lui sarebbe un valore aggiunto su qualsiasi panchina, senza nulla togliere all'attuale ct inglese. Ho grande stima di Gerrard: è da sempre il mio idolo». Poi il centrocampista azzurro respinge le critiche su una presunta incompatibilità in mezzo al campo con lo juventino Pirlo. «L'incompatibilità con Pirlo viene fuori quando le cose non vanno benissimo - evidenzia ancora - l'importanza di Pirlo sta nella sua carriera, nell'analisi di queste tre gare che abbiamo fatto. È un calciatore meraviglioso, decisivo in tutte le squadre in cui gioca e lo è stato anche in questo Europeo. Anche contro l'Irlanda si è detto che non è stato decisivo ma i gol sono stati fatti grazie ai suoi calci d'angolo o alle sue giocate. Io non pensavo di trovarmi così bene da difensore, ma un conto è farlo per sei partite, un altro giocare in quel ruolo per un campionato intero. Qui in nazionale mi sposto dalla posizione di centrale davanti alla difesa perchè c'è Pirlo, è un onore e un dovere. Ma tutti sanno che la posizione centrale è quella». Nella prima intervista ufficiale post Zeman, il mediano della Roma commenta con entusiasmo l'arrivo del tecnico boemo sulla panchina giallorossa. «Ho avuto modo di sentirlo alcuni giorni fa, ci siamo parlati solo per cinque minuti. Sono molto curioso di conoscerlo, il suo arrivo ha riacceso una passione addormentata nell'ultimo anno, basta vedere il numero gli abbonamenti sottoscritti finora dai nostri tifosi. Zeman mi incuriosisce molto, come allenatore e come personaggio. Mercato? Confermo ciò che ho detto a Cesena dopo l'ultima partita di campionato. Sono concentrato sull'Europeo, ma tenendo sempre un orecchio a quel che succede a Roma».

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