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Luis Enrique: "Non mollo la Roma"

Roma-Lazio, Luis Enrique (foto Gmt)

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Su di giri, nervoso, fin troppo esplicito e combattivo. Un Luis Enrique inedito si prende la scena, come d'altronde gli capita spesso, e difende se stesso e la Roma. Lo fa alla vigilia della partita di stasera con l'Udinese, l'ultima occasione per tenere accesa una fiammella di speranza per la Champions, ma soprattutto dopo il tonfo di Lecce, «il punto più basso della stagione» come lo ha definito Walter Sabatini. Dura quasi mezzora la conferenza scoppiettante del tecnico, che tra uno spagnolo «tonteria» e un italianissimo «cazzata», in sostanza mette insieme tre concetti: 1) difende la squadra e si carica sulle spalle ogni responsabilità; 2) definisce giusto il sesto posto attualmente occupato dalla Roma; 3) rilancia sul futuro e allontana le ipotesi di dimissioni ventilate a Lecce per l'ennesima volta. «Ma io - attacca lo spagnolo - non mi dimetto, vado a lavorare, la-vo-ra-re, ed è quello che farò fino al termine del campionato». È solo l'inizio dello sfogo. Luis Enrique fa un po' il Mourinho, l'uomo solo contro tutti, ed esce fuori il suo carattere combattivo e irriverente. «Voi volete una lotta e io non voglio lottare. Volete un confronto tra la Roma, i dirigenti e il suo allenatore e non lo farò. Mi prenderò la responsabilità ogni giorno. Il mio lavoro è quello di preparare la squadra, il resto sono cose che interessano a voi ma non a me. Mi dimetterò solo quando vedrò che i ragazzi non mi seguono, ma adesso non è così». Gli chiedono se si vergogna di allenare una squadra che ha appena incassato quattro gol dalla terzultima in classifica e Luis Enrique sbotta ancora. «No assolutamente, mai. Anzi, al contrario sono orgoglioso dei miei calciatori, di come si comportano e si allenano». E qui non la racconta tutta: lo spagnolo non è e non può essere soddisfatto del rendimento del gruppo ma decide di difenderlo a spada tratta, a differenza di quanto fatto dai dirigenti subito dopo la partita del Via del Mare. «Capisco la disillusione per le sconfitte, e ne abbiamo subite tante brutte, ma abbiamo fatto anche qualche partita buona. I ragazzi non sono colpevoli di niente. Devono e dobbiamo migliorare tantissimo». Intanto, però, la zona Champions è di nuovo un miraggio. «Questa settimana - sottolinea l'asturiano - non siamo vicini, tre giorni fa lo eravamo, ma quello di certo siamo al sesto-settimo posto da tutta la stagione. Mantengo l'"illusione" di raggiungere il terzo posto: se ci riuscirà di giocare le ultime sette partite ad un livello superiore, come mai successo quest'anno, l'obiettivo è ancora possibile. Secondo quello che dice il campionato finora, no: chiuderemo quinti, quarti o settimi». La logica conseguenza di una discontinuità cronica che Luis Enrique non può nascondere. «La partita di Lecce era importante, ma ogni volta che siamo andati vicini a metterci realmente in lotta per la Champions abbiamo fatto una figuraccia. E invece quando siamo stati in grandissima difficoltà, la squadra ha fatto di nuovo bene. È una cosa strana e anche per noi è difficile da spiegare». Difetti di gioventù, secondo l'allenatore, anche se il discorso si può limitare solo a pochi elementi. «Nessuno può dire che la Roma non ha futuro. Cosa volete da ragazzi di 20 anni? Ricordo calciatori bravissimi che a quell'età erano riserve e che adesso sono i più grandi del mondo. I nostri giovani stanno avendo una crescita incredibile e questo, con qualsiasi allenatore, sarà un potenziale enorme per la Roma da qui a tre anni. Sapete quanti anni sono serviti a Ferguson e Crujff per vincere? Serve tempo, ora non massacrate i ragazzi, lasciate stare loro e i più esperti, il colpevole - ribadisce - sono io». Non solo: anche i «soliti» giornalisti che lo spagnolo proprio non sopporta. «Per favore smettetela di raccontare le bugie sul fatto che i giocatori litigano nello spogliatoio. Sono tutte "cazzate", smettetela di dire queste "tonterie", sciocchezze e i tifosi mi credano: abbiamo bisogno della tranquillità e della fiducia che ci è stata data dall'inizio della stagione. Una cosa mai vista nella mia carriera: il nostro pubblico merita un 10». Giusto in fondo alla conferenza c'è uno spazietto per parlare della gara di oggi. «Sarà difficilissima, contro un'Udinese che da tempo fa un campionato di alto livello. Ma siamo lì, vicini a loro e pensiamo di potercela fare». Non sarebbe poi così sorprendente.

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