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Gago: sogno Champions

Giovinco e Gago in Roma Parma

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Non è uno che dà nell'occhio, non è uno che fa parlare di sé fuori dal campo, non ha l'atteggiamento della star pur essendo un nazionale argentino e uno che di calcio ne ha visto e giocato tanto ad altissimo livello. Ma quando c'è lui in campo la differenza si vede eccome. Fernando Gago è un argentino anomalo, silenzioso, quasi timido, ma col sorriso pronto. Un ragazzo che non fatica ad aprirsi col resto del mondo soprattutto quando si entra nel tema che preferisce: il calcio. Il suo mondo, quello che frequenta da quando aveva tre anni, da quando lo zio gli tirò tra i piedi il primo pallone. Da lì in avanti non ha mai smesso di calciarlo e la sua carriera è stata un'escalation che lo ha portato dopo il Boca, al Real, passando per la nazionale della quale è tornato a essere titolare inamovibile e infine alla Roma: una città «straordinaria» che ora non ha nessuna intenzione di lasciare. E la nostra chiacchierata con lui al sole di Trigoria, mentre Luis Enrique qualche metro più in là si esercita nel suo italiano, non può non partire dal bilancio di questa prima esperienza giallorossa. «Impressione? Molto buona, arrivavo da un anno al Real senza giocare che è una delle cose che non mi piacciono di questa professione. Ma venire in un club come la Roma è stata una grande cosa, devo lavorare un po' sulla lingua, ma sono molto contento di essere qui». Dove può arrivare quest'anno la Roma? «È difficile dirlo adesso, dobbiamo giocare ancora molte partite, ma è ovvio che il nostro primo obiettivo è andare in Champions e qualora non fosse possibile vorremo almeno poter giocare una competizione europea. Un calciatore deve sempre pensare a vincere, almeno fin quando hai la possibilità matematica di centrare un obiettivo». Cosa manca per fare il salto di qualità? «Il tempo. Serve tempo per crescere, per dare fiducia a un gruppo con undici giocatori nuovi che sono arrivati quest'anno. È difficile che tutto vada liscio subito». Se l'aspettava così la Roma? «Sì, perché è un club con una grande storia e un nome che in Europa è importante: una squadra che gode di rispetto. L'avevo incontrata con il Real e avevamo anche perso, ma ora ci sono dentro e mi sto trovando benissimo con tutti: mi piacciono i compagni, l'allenatore e sono molto contento». Finisce la stagione... eppoi? «Vacanza!». Giusto, ma poi... il futuro di Gago è ancora a Roma? «Ora cerco di non pensarci, ma io qui sto bene, sono sereno, la mia famiglia è serena. C'è la possibilità che io resti, ma non è ancora una certezza... non dipende solo da me». Luis Enrique in una parola? «Impossibile farlo, è un allenatore che lavora moltissimo, ha un'idea chiara di cosa vuole che la squadra faccia in campo, trova sempre una soluzione tattica a ogni problema. Poi certo che le partite possono cambiare, si possono presentare situazioni diverse, ma l'idea di partenza è molto chiara e da quella non si distacca». Troppo spesso la Roma è sembrata calare nella ripresa: problema fisico o psicologico? «Non credo che sia né l'uno né l'altro, ma il fatto che giochi sempre contro un avversario che trova delle soluzioni: forse noi dobbiamo imparare a cambiare a partita in corsa e affrontare meglio i rivali. Poi ci sono state alcune partite che abbiamo giocato male e altre nelle quali ci è mancata anche un po' di fortuna come quella contro il Lecce: abbiamo vinto solo 2-1 ma meritavamo molto di più. Oppure altre nelle quali abbiamo giocato bene e concretizzato molto come il 4-0 all'Inter, o gare giocate bene e poi perse, come contro il Milan dove alla fine un dettaglio ha fatto la differenza». Ha iniziato la carriera davanti al pubblico molto caldo del Boca, poi quello altrettanto focoso del Real, ora il popolo giallorosso. È così diverso? «No, è molto simile all'Argentina, anche se li sono a casa mia, gioco per il mio Paese. Ma anche qui la gente mi ferma per la strada come succedeva lì, è impressionante l'appoggio che ti dà questa gente e non parlo solo di quello che succede in campo. Se giri per Roma è un bagno di folla continuo, la gente ti fa sentire il suo calore: e questo avviene anche nel mio Paese».  Lei a Madrid fu al centro di polemiche perché quando era al Real disse che il Barcellona giocava meglio. «Vero, lo dissi perché lo pensavo: e lo penso. È sotto gli occhi di tutti che negli ultimi anni il Barcellona ha espresso un calcio migliore di quello del Real. Poi lì qualcuno ha voluto interpretare diversamente, ma questo non mi interessa». Guardiola o Mourinho? «Ho lavorato con Mou e non con Guardiola: purtroppo al Real non ho giocato molto perché ho avuto il problema dell'infortunio. Sono due grandi tecnici, il top nella loro categoria insieme a gente del calibro di Ferguson». Messi o Maradona? «Difficile. Tutti e due no eh!?». No, uno solo... una scelta. «Per me è difficile, perché Maradona l'ho visto solo in televisione, con Messi invece ho giocato assieme. È mio compagno in nazionale, è uno che anche in allenamento fa impressione, un fuoriclasse assoluto. Diciamo che per fortuna sono tutti e due argentini». Messi o Cristiano Ronaldo? «Messi. Negli ultimi anni ha una condizione che lo mette sopra tutti gli altri: eppoi è argentino». Le do un budget illimitato per portare un giocatore alla Roma. «Messi non si può?». Perché no... «Allora dico lui. Ma stiamo giocando perché gli uomini migliori sono quelli con i quali mi alleno tutti i giorni qui a Trigoria». Parla molto spesso dell'Argentina: cosa le manca? «La famiglia». Eppure l'Italia è così simile per certi versi: anche noi adesso stiamo attraversando quella crisi economica, seppur di entità chiaramente diversa, dalla quale il suo Paese è uscito non da molto. Ma voi calciatori siete «sopra» anche alla crisi? «No, affatto... anzi. La crisi arriva da tutte le parti del mondo, certo quella che abbiamo vissuto noi una decina di anni fa è stata un brutto colpo per il Paese. Allora l'Europa non aveva accusato la nostra crisi, ma adesso anche qui ci sono dei problemi e quando arriva la crisi è per tutti: compresi i calciatori, perché cambiano le dinamiche di un Paese». Cosa avrebbe fatto Gago se non fosse diventato un calciatore? «Non avrei potuto far altro nella vita, gioco a calcio da quando ho tre anni: è la mia vita, era impossibile pensare ad altro, questo è stato sempre il mio sogno». La gente di Roma la conosce poco fuori dal campo: quando non gioca, Gago cosa fa? «Sto a casa con la famiglia, mia moglie, il mio cane India: sono una persona normale, ascolto musica, leggo». Ultimo libro? «Sto finendo la biografia di Steve Jobs». La sua vacanza ideale? «A casa, in Argentina». Con sua moglie Gisela Dulko (tennista tra l'altro compagna di doppio dell'azzurra Flavia Pennetta, ndr) che da quanto fa vedere in campo deve essere una tosta: ma chi porta i pantaloni in casa? «India... il cane». Difficile gestire i rapporti con una compagna che ha fatto, come lei, dello sport una professione? «Ci siamo organizzati, ognuno ha i suoi spazi e l'impegno è quello di cercare di incastrare le nostre trasferte, i momenti per stare insieme. Per il resto no, perché siamo stati entrambi chiari dall'inizio e il nostro rapporto non entra nel merito delle rispettive carriere». In comune adesso c'è una casa a Roma una città che lei conosceva poco: è come se l'aspettava? «Roma è incredibile, devi vederla per capire quanto è bella. Purtroppo la vivo meno di quanto vorrei, ma la trovo straordinaria».

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