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Luis Enrique: "Daje Roma"

Luis Enrique allenatore della Roma

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Una sbirciata su Twitter, ormai, è d'obbligo. La nuova Roma, giovane e al passo con i tempi, diffonde i suoi messaggi sui social network. Un abitudine per i giocatori, un passatempo saltuario per Luis Enrique che ieri ha interrotto il silenzio «virtuale» usando un italiano quasi perfetto e si lancia anche nel dialetto. «Voglia di vincere - ha scritto sul suo profilo, al netto degli errori ortografici - e di ringraziare tutti i nostri tifosi. La squadra s'impegna molto. Vedremo giovedì. Saluti a tutti. Daje Roma!». Sempre più calato nella parte e in sintonia con l'ambiente e la squadra, l'allenatore spagnolo resta il protagonista di un progetto che inizia a mostrare i primi risultati. Lo spagnolo è un perfezionista, lavora dieci ore al giorno in continuo contatto con il suo staff, vuole conoscere ogni dettaglio sugli avversari e usa i video ripresi dall'alto per correggere i difetti della sua squadra. Il calcio italiano, a sua volta, lo studia, si divide, cerca di capire dove potrà arrivare una squadra sbilanciata come la Roma di San Siro. Una scelta ponderata dopo aver analizzato attentamente l'Inter: Perrotta e Taddei, secondo lo spagnolo, erano in grado di reggere il confronto con gli esterni nerazzurri schierati in un centrocampo a cinque. «C'è un'idea di gioco chiara - riconosce il suo predecessore Montella - il gruppo sa cosa fare e questo, dopo appena due mesi, significa che Luis Enrique sta lavorando bene». Sabato notte Cambiasso, dopo averla affrontata, si è sbilanciato: «Questa Roma lotterà fino all'ultimo per lo scudetto». Luis Enrique incassa i complimenti e continua a guardare in casa propria, dove c'è un gruppo conquistato dalla sua filosofia. Raccontano di una bella atmosfera nell'aereo che ha riportato la squadra a Fiumicino sabato notte: l'allenatore ha scherzato con tutti e come premio ha concesso una domenica di riposo. Si ricomincia a sudare stamattina, con il Siena nel mirino, sempre nella stessa direzione. Possesso palla come dogma e tanti nuovi movimenti che piano piano stanno diventando automatici nella testa dei giocatori. Il 4-3-3, con gli attaccanti larghi, è uno schema riconoscibile solo quando il pallone ce l'hanno gli avversari. In fase di possesso, invece, De Rossi è un difensore centrale aggiunto, i due intermedi di centrocampo si stringono, gli esterni, che non fanno i terzini, sono ancora più avanti e su quella linea arretra Totti mentre le due punte diventano attaccanti veri e propri. Per dirla con i numeri, un 3-2-3-2, che agli amanti della tattica sembra un evoluzione del modulo «WM» in voga negli anni '30. La fisionomia c'è, ora manca l'ultima parte, quella fondamentale per vincere le partite: arrivare al tiro in porta con frequenza. La Roma in quattro gare ufficiali ha segnato appena due gol, nessuno su azione. Un paradosso per una squadra che bada soprattutto ad attaccare. È sui movimenti offensivi che si concentrerà Luis Enrique a partire da oggi. «I gol arriveranno, di questo ne sono sicuro» ha detto convinto sabato. Bisogna fare in fretta - un'astinenza del genere all'inizio della stagione si è verificata soltanto nelle annate 1971/72 e 1995/96 - ed è il caso anche di inquadrare meglio un gruppo di titolari: finora l'allenatore ha utilizzato ben 26 giocatori. Troppi.

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