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Sembra quasi l'ultimo scherzo beffardo di Cellino

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Ilpresidente del Cagliari mise fuori rosa Marchetti perché quest'ultimo, in un'intervista, aveva confessato la tentazione di passare alla Sampdoria per giocare in Europa. Dopo averlo tenuto in naftalina per un anno intero, il patron sardo gli ha concesso quella possibilità. Certo, tempi e modi sono molto diversi. Perché dodici mesi fa si parlava di Champions, e non di Europa League. E perché il preliminare contro il titolatissimo Werder Brema offriva molte più suggestioni rispetto ai playoff contro gli sconosciuti macedoni del Rabotnicki. Eppure, quella di domani sera sarà per il portiere di Bassano del Grappa una gara molto particolare. Dopo 420 giorni tornerà a calcare l'erba in una partita ufficiale. L'ultima volta, il 24 giugno 2010, sarà ricordata dagli italiani come una delle pagine più nere della propria nazionale: la sconfitta con la Slovacchia che costò l'eliminazione senza gloria dai Mondiali sudafricani. La data del 18 agosto 2011, invece, forse resterà solo nella memoria di Marchetti. In mezzo c'è stato di tutto. Un tutto che, però, negli almanacchi non ha lasciato alcuna traccia. Dodici lunghissimi mesi margini, a mangiare polvere dopo aver assaggiato, a 27 anni, il dolce sapore della gloria. «Sono grato a Cellino per quello che in passato ha fatto per me, ma fatico a spiegarmi cosa mi è successo nell'ultimo anno. Cancellato per una frase in un'intervista. Io ho la coscienza a posto». «Ho la coscienza a posto». È la frase che Marchetti ha ripetuto più spesso da quando la Lazio ha deciso di restituirlo al calcio giocato. Quasi un motto, un qualcosa da mettere in chiaro prima di inaugurare la seconda fase della sua carriera. Non sarà facile, lo sa lui per primo. Il portiere è il ruolo che, più di altri, necessita di sicurezze. Mentali, innanzitutto. Cose che puoi affinare e mantenere intatte solo con la pratica costante. La distanza dai pali, il coraggio nelle uscite, la capacità di decidere in un solo istante quale sia il modo migliore per avventarsi sul pallone, di piede, con la presa, di pugno. In ritiro Marchetti qualche errore l'ha fatto. Era inevitabile. Grigioni, il preparatore dei portieri, lo bombardava di tiri e, in privato, spiegava quanto e perché la Lazio credesse e puntasse su di lui. Contemporaneamente il suo predecessore Muslera trascinava l'Uruguay alla vittoria della Coppa America e i tifosi si chiedevano se la Lazio avesse davvero fatto un affare con lo scambio. Domani, al cospetto del Rabotnicki, il nuovo numero 83 della Lazio (è l'anno della sua nascita) vuole dare una prima dimostrazione di quanto è capace di fare. Ai tifosi, a se stesso, a Cesare Prandelli. Il ct della Nazionale lo ha tenuto fuori dalle ultime convocazioni. Era normale che andasse così. A livello personale, però, resta la maggiore ambizione di ogni calciatore. Anche perché l'ultima apparizione in Nazionale ha lasciato troppo amaro in bocca. E per riannodare completamente i fili della propria carriera un ritorno in azzurro è necessario. Si tratta solo di una lunga rincorsa, niente che possa spaventare chi ha conosciuto la A solo dopo una lunga gavetta in provincia. Si (ri)parte domani sera, in bocca al lupo Federico.

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