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Lacrime d'addio

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.Tramonta l'era dei Sensi, dopo 18 anni di gestione giallorossa: fatta di alti, quelli che hanno portato con Franco alla presidenza al terzo scudetto della storia giallorossa, ma anche di bassi con un declino che forse papà Franco non avrebbe voluto vedere. Il passaggio di mano è stato inevitabile, perché altrimenti la Roma sarebbe fallita e l'intervento della banca in questo senso è stato provvidenziale, come l'arrivo degli americani che da oggi si dovranno rimboccare le maniche e lavorare sodo per riportare in alto i colori giallorossi. Ma ieri sera all'Olimpico è stato il momento degli addii, dei lucciconi, delle pacche sulle spalle con i «vecchi» alfieri rispolverati per l'occasione. A fine gara, subito dopo il giusto plauso a capitan Totti inneggiato come un Dio pagano dall'Olimpico intero, la squadra è andata sotto la Sud a testa china a prendere la sua giusta razione di fischi. Lo striscione che appare dopo i tre fischi di Banti è chiaro: «Un anno senza giocare, ma quando andate a lavorare». È l'umore del popolo romanista che risparmia solo Totti e inveisce contro una squadra definita «indegna». Saltano tutti i festeggiamenti programmati, compresi quelli dei figli dei giocatori ai quali era riservata l'ultima giornata di campionato: loro, piccolini, non hanno capito cosa stava succedendo qualche metro più in là. Per loro (pochi perché molti giocatori hanno preferito non farli venire avendo intuito l'aria che si sarebbe respirata all'Olimpico), giustamente, è stata festa vera. Dopo la batosta dei tifosi il momento del commiato con Totti, seguito a ruota da De Rossi, che consegna a Rosella Sensi un mazzo di fuori e una maglia numero «1» con su scritto «Rosella». Il resto sono lacrime, abbracci, facce scomparse che riaffiorano e amici degli amici che passano in rassegna un presidente al quale è stata lasciata un'eredità forse troppo pensate. «Il pensiero va a mio papà - dice in lacrime la giovane donna addosso alla quale sono precipati ad un tratto anche gli anni che non ha - e vorrei che il ricordo di questo grande momento rimanesse solo ed unicamente per lui». Così sarà. Poi anche lei volge lo sguardo al futuro. «Auguro alla nuova proprietà di raggiungere grandi successi, ringrazio anche chi ha contestato in maniera civile. Questo è vivere la Roma, un grande grazie. Speriamo di aver lasciato un ricordo, mi auguro che ci ricordino con affetto... Ora c'è una nuova proprietà, qui al mio fianco c'è l'avvocato Cappelli: vi chiedo solo di lasciarli lavorare. Il caso-Lega? Lì c'è stato un corto circuito di informazoni, io ho sempre lavorato in sintonia con Fiorentino di Unicredit che è sempre stato in contatto con gli americani». Cosa confermata da Cappelli. «È tutto molto tranquillo, c'è stata una richiesta di chiarimenti che sono stati dati. La tensione raccontata non l'ho vista»... peccato che dall'altra parte dell'oceano la pensino diversamente. Quindi Cappelli tocca il tasto dolente della nuova gestione: la convivenza Baldini-Montali. «Va chiesto agli americani. UniCredit non vuole entrare nella gestione tecnica. Montali non è uomo in quota UniCredit ma un dirigente bravo e competente nel quale UniCredit ha fiducia». Ed è in clima di saluti anche Montella che aspetta ancora di sapere che fine farà. «Non mi ha chiamato nessuno, spero di sapere a breve cosa vorranno fare altrimenti prenderò le mie decisioni. Io mi sento pronto, perché i numeri non mentono mai». Già e con la sua «media» la Roma vrebbe chiuso a quota 70: ampiamente in zona Champions. Ma ormai è troppo tardi.

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