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Sole e combined il nostro bingo

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Èsoddisfatto Sergio Palmieri, direttore degli Internazionali d'Italia dal 1999. La 68ª storica edizione del torneo romano, prima dopo 33 anni a disputarsi con la formula «combined» (uomini e donne contemporaneamente), si conclude oggi con un pieno di pubblico. «In una settimana abbiamo portato al Foro Italico tante persone quanto lo scorso anno in quindici giorni. Nell'ultimo periodo il torneo è cresciuto molto. È stato un cammino lungo e difficile. La svolta è arrivata con la joint-venture Coni-Fit, la costruzione del nuovo impianto e l'ampliamento della struttura». Nel 2000 ricevette molte critiche per l'inversione delle date: prima gli uomini, poi le donne. «Giudizi di persone che sanno poco di tennis e ancor meno di politica sportiva». Secondo il presidente della Federtennis Angelo Binaghi gli Internazionali possono diventare un torneo dello Slam. «Mi sembra impossibile, sono quattro e rimarranno tali. Se invece la federazione internazionale decidesse di aumentarne il numero a sei, o sette. Un'ipotesi per ora surreale». E se lo Slam su terra battuta, oggi al Roland Garros, diventasse itinerante? «Sono favole. Per ora dobbiamo cercare di diventare il miglior torneo Masters 1000, obiettivo alla nostra portata». Impossibile avere due settimane a disposizione per gli Internazionali, come avviene a Indian Wells e Miami? «In futuro potrebbe essere possibile, se Atp o Wta decidessero di organizzare una miniserie di quattro tornei intermedi in preparazione di Parigi. Noi dobbiamo farci trovare pronti e lavoreremo per questo». Come e dove si può migliorare? «Sicuramente nelle strutture. Potremmo avere due campi in più per gli allenamenti. E magari, nei modi e nei tempi giusti, il Coni potrebbe permetterci di estendere l'area del Foro all'ostello e all'aula bunker: il direttore operativo Diego Nepi è bravissimo, siamo in perfetta sintonia». Nei miglioramenti è prevista anche la copertura del Centrale? «Il Coni ci tiene molto e credo che prima o poi sarà realizzata. Il torneo ne trarrebbe beneficio, le televisioni e gli sponsor sarebbero garantiti». Perché in Italia non abbiamo un campione dai tempi di Panatta? «Credo sia una questione educativa. Abbiamo tanti buoni giocatori a livello giovanile, ma il passaggio al professionismo è complicato. Dobbiamo cercare di interagire con l'entourage dei ragazzi per agevolarne la crescita. E poi servono tanti esempi positivi, come sono Schiavone e Pennetta, ma anche Errani e Starace». Dall'ultimo trionfo italiano in campo maschile sono passati 35 anni: per vincere al Foro aspettiamo il giovane Quinzi? «Gianluigi è un ragazzo straordinario, modesto e con una famiglia solida. Ma ha solo 15 anni e tanta pressione sulle spalle. Il percorso è lungo e difficile, dobbiamo avere pazienza». Dan. Pal.

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