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O la Borsa o la Roma Così si gioca con un titolo

La sede storica di Unicredit in piazza Cardusio

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Dove eravamo rimasti? Ieri Il Tempo ha titolato in prima pagina «L'arabo non c'è. I tappetari sì». In mattinata la Consob si è svegliata dal torpore chiedendo informazioni a Italpetroli e Unicredit, società cedenti della AS Roma. Ed esse in una nota congiunta hanno risposto che «il 31 gennaio sono pervenute cinque offerte di acquisto attualmente in esame con l'ausilio dell'advisor finanziario e dei consulenti legali. E con specifico riferimento alle indiscrezioni relative alla formulazione di offerte da parte del fondo Aabar, si conferma che tale investitore non ha preso parte al processo di vendita né ha formulato alcuna offerta». Dunque, intanto un dato di fatto. Ciò che noi abbiamo scritto due giorni fa, Consob, Unicredit e famiglia Sensi lo dicono ufficialmente ieri. Complimenti. All'elenco manca un soggetto, citato solo indirettamente: l'advisor, cioè la banca Rothschild. Perché è in fondo quello che ha il compito di raccogliere le offerte d'acquisto, e aggiungiamo noi di maneggiarle con il riserbo e la cura dovuta non solo agli interessi di chi vende, ma anche del mercato. E forse di più: dei tifosi e degli abbonati della Roma, visto che assieme ai cartellini dei calciatori sono soprattutto loro che determinano il valore dell'asset. Ci sono stati questo riserbo e questa cura? A noi pare tutto il contrario: le solite furbate, ad essere buoni il solito dilettantismo. Vediamo perché. La sera di lunedì 31 gennaio i dirigenti di Unicredit, Roma 2000 e Rothschild si riuniscono, trapela una «short list» che ruota intorno a tre acquirenti, e tra questi Aabar, il fondo sovrano di Abu Dhabi. Poiché Aabar è anche azionista di rilievo – con il 4,99 per cento – di Unicredit, è logico considerare l'ipotesi attendibile; se non che Aabar sia in testa all'elenco. Quel giorno, il 31 gennaio, sono stati stipulati in borsa circa 560 contratti sul titolo Roma, per un controvalore di 2 milioni di euro. Il titolo chiude a 1,206 rispetto a 1,194 del venerdì precedente, un rialzo dell'uno per cento rispetto ad un indice generale di piazza Affari che fa segnare uno 0,02. I fuochi d'artificio si vedono però martedì primo febbraio. Le voci su Aabar vengono lasciate galoppare collegandole ad una finanziaria lussemburghese: la Claraz SA, della quale si forniscono dovizie di particolari. È stata istituita il 7 maggio 2010 davanti al notaio Gérard Lecuit, ha sede in boulevard Emmanuel Servais. Le firme sono Bouvier, Martino e Foki. Mancano le marche delle stilografiche, ma c'è un dettaglio: un Sidney Bouvier è vicedirettore di Rothschild, l'advisor. Il primo febbraio sul titolo Roma si registrano 1.319 contratti, quasi due volte e mezzo il giorno prima. L'azione, dopo aver toccato il massimo di 1,285, chiude ad 1,249 in rialzo del 3,57 rispetto al Ftse All che sale del 2,07. E siamo a mercoledì. Poco dopo le 11 il fondo Aabar smentisce qualsiasi interesse per l'acquisto della Roma. Lo fa, come abbiamo scritto, attraverso il suo amministratore delegato Mohamed Al-Husseini; che è anche co-azionista di Unicredit, e quindi taglia la testa al toro. Ma non è toro per la Roma in borsa: l'azione rotola a 1,02 sfondando il muro dei 1.400 contratti. Chiude a 1,221 perdendo il 2,24 per cento in una seduta che sull'indice generale chiude con un guadagno dello 0,66. Infine ieri: il titolo perde un altro 1,72 per cento, con 482 contratti: unica consolazione, l'indice generale perde l'1,1. Conclusione: in quattro giorni, da lunedì 31 gennaio a giovedì 3 febbraio, l'azione AS Roma guadagna prima il 4,6 per cento e poi perde il 4: un'oscillazione di quasi nove punti pari a dodici milioni di euro, su un titolo che ne capitalizza 164 e ha un flottante reale stimabile in una quarantina di milioni. Per chi ha fiutato l'affare – sia in acquisto sia in vendita – chapeau. Ma si tratta davvero di solo fiuto, o c'è stato anche qualche aiutino?   In attesa di un'indagine Consob che siamo certi non arriverà mai, si possono aggiungere un paio di cosucce. La prima: Unicredit e Rothschild sono nomi blasonatissimi della finanza italiana e mondiale. Non è ammissibile tanta leggerezza. La seconda: se è vero – ed è vero – che risulta abbastanza difficile capire come un privato investitore possa puntare sui titoli delle società di calcio, finché questo avviene la Consob deve fare il proprio dovere. Lo ha fatto? A noi non sembra. Punto tre. Questa vicenda ci riporta al problema più ampio di che cosa siano le società calcistiche quotate in base alla legge italiana, firmata per inciso da Walter Veltroni. Si tratta di spa a fini di lucro il cui capitale è composto dal valore dei singoli calciatori. Non ci sono beni immobili – per esempio stadi – o attività finanziarie – per esempio un serio merchandising - su cui effettuare quella che si chiama due diligence. Visto che le tre quotate sono Roma, Lazio e Juventus, ci sono quindi i contratti di Totti e Mexes, Zarate e Floccari, Del Piero e Chiellini. Se Totti resta in panchina o Buffon si fa male, oppure Barzagli si fa bucare da Pastore del Palermo, il titolo ne risente. Voi direte che lo stesso accade per la Fiat e l'Eni se cala il mercato dell'auto o sale il prezzo del petrolio: certo, ma quelli sono fenomeni in qualche modo studiabili o prevedibili. Ma studiare i rapporti tra Lotito e Zarate? Comunque, finché la Roma resta in Borsa, tutti hanno il dovere di occuparsene come se si trattasse della Goldman Sachs. E poiché l'advisor si chiama niente meno che Rothschild, e l'azionista Unicredit, un consiglio: questa faccenda va seguita da Roma, non da Milano. Per capirlo basta scendere a Fiumicino e prendere un taxi.  

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