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Lazio, Reja show

Brocchi e Rocchi al rtiro della Lazio

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Una settimana per iniziare a capire, per guardarsi intorno e tirare le prime somme. Sette giorni di tante luci e alcune ombre. Con le prime che arrivano da un gruppo che appare compatto ed entusiasta nel seguire l'allenatore, e le seconde da un mercato che non ha ancora messo a posto i tasselli necessari per la stagione del riscatto. Edy Reja, dopo la prima settimana di lavoro nel ritiro ad Auronzo di Cadore, mette il punto su quanto di buono è stato fatto finora e rilancia per i prossimi giorni, quando si incomincerà a pensare più agli schemi e dalla società dovranno arrivare risposte importanti per i ruoli vacanti. «Se Kolarov dovesse partire - spiega il tecnico - è chiaro che mi aspetto un sostituto. In quel ruolo può adattarsi anche Zauri, ma mi piacerebbe qualcuno di più specifico. Questo non vuol dire che Zauri deve andar via: mi può essere utilissimo, si allena seriamente e la storia dei suoi problemi col gruppo è tutta una balla».   Sistemata la fascia sinistra, ci sarebbe sempre quel "buco" a centrocampo. «I nomi di cui si è parlato finora sono importanti. Boateng è un giocatore solido, molto consistente a livello fisico e con la capacità di vedere la porta. Hernanes è meno forte fisicamente ma un po' più tecnico». Certo, si tratta di due piste che negli ultimi giorni si sono un po' raffreddate. «Abbiamo almeno altre 3-4 soluzioni, io elenco le caratteristiche...», spiega il tecnico, ma l'impressione è che un po' di preoccupazione per la trattative sfumate ci sia. Infine c'è l'attacco, con la necessità di sostituire Cruz con un'altra punta di peso. Una soluzione potrebbe essere Kozak, autore di una tripletta nella prima uscita stagionale, anche se Reja pensa che «è meglio che vada a fare ancora esperienza da qualche altra parte piuttosto che fare la quinta punta alla Lazio. Servono giocatori su cui poter fare affidamento, non tanto per prenderli». Preso atto di quelli che sono i desideri del tecnico, l'attenzione si sposta su quello che la Lazio ha già in casa. I calciatori a disposizione di Reja sono ancora troppi, ma il segnale più importante dei primi sette giorni è stato che «il gruppo funziona alle grande». «C'è tanta voglia - spiega Reja - e i ragazzi sono entusiasti del tipo di lavoro che stiamo proponendo». A determinare l'impegno anche la necessità, per molti, di trovare la fiducia dell'allenatore e la riconferma. «I due uruguaiani sono sotto esame - dice Reja - anche se andranno verificati in test più seri e quando avranno meglio assorbito la preparazione atletica. È chiaro che con una sola casella per gli extracomunitari dovremo riflettere bene, anche per gli aggiustamenti da fare in corsa». E suona quasi come un congedo per Pablo Pintos. Nonostante le buone impressioni il terzino sembra destinato a non far parte della prossima Lazio. Poi ci sono i casi spinosi. I giocatori che, per un motivo o per l'altro, sono attesi da un'annata di riscatto. C'è un Matuzalem che, dopo l'infortunio, «ha una voglia incredibile di lavorare, tanto che ogni tanto dobbiamo fermarlo. Ha caratteristiche da tessitore di gioco, e si integra benissimo con Ledesma, che è più un interditore». Quel Ledesma sempre alle prese con un rinnovo difficile. «Io non voglio entrare in queste cose», spiega Reja, «vorrei solo che la situazione si risolvesse, in una maniera o nell'altra, perché mi piace la chiarezza. La società ha creduto in lui proponendogli un contratto molto lungo, ma io so solo che si ta impegnando da matti».   Infine Zarate, quel calciatore che lui vorrebbe più concreto: «Deve cercare di più la porta e non il colpo a effetto, se ci riesce diventa un giocatore fondamentale». Messo il punto sulle prime impressioni, bisogna programmare il lavoro delle prossime settimane: «Adesso si incomincerà a parlare di schemi - spiega Reja - partendo sempre dalla base dei tre difensori. Dal 3-5-2 potremmo passare al 3-4-3 o al 3-4-1-2. Ma l'aspetto fondamentale sarà quello di cercare il più spesso possibile la verticalizzazione. Voglio che la squadra diventi velocissima e imprevedibile, dovremo sempre saper sorprendere gli avversari». Un punto a favore c'è. Il gruppo di Reja non nasce oggi, ma dal famoso «patto di Norcia». «In quel momento - racconta il tecnico goriziano - tutti hanno messo una pietra sul passato e hanno capito che se la Lazio fosse retrocessa ci avrebbero rimesso tutti: squadra, calciatori e tifosi. Abbiamo trovato sicurezza e un intento comune. Siamo stati uniti e abbiamo dimostrato di poter migliorare». Gruppo compatto, quindi. E, magari, quadri societari più snelli possibile: «Non servono altre figure - dice Reja - a Napoli eravamo De Laurentiis, Marino ed io, e andava bene così. L'importante è la chiarezza dei ruoli».  

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