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L'aristocrazia s'inchinò ai dilettanti

Coppa del Mondo di calcio del 1950. La finale al Maracana di Rio de Janeiro tra Brasile e Uruguay finita 1 a 2

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L'aristocrazia del calcio s'infranse dinanzi ad una pattuglia di dilettanti. La sorpresa fu di tali dimensioni da rendere inattendibile il primo telex giunto sull'isola: England-United States 0-1. Nelle redazioni londinesi si ritenne che quel numero fosse viziato da refuso, e che lo zero fosse in realtà dieci. Ma dopo pochi minuti giunse, inequivocabile, la consacrazione di uno degli esiti più sorprendenti nella storia del calcio mondiale. Era il 1950, era la quarta edizione della Coppa del mondo, ed il Brasile la nazione ospitante. Guidata da Walter Winterbottom, per la prima volta presente nella rassegna calcistica mondiale dopo un saccente e ventennale isolamento internazionale, l'Inghilterra era sostanzialmente la stessa squadra imbattuta in casa e reduce nelle ultime stagioni da una sequela di risultati positivi, in particolare quattro vittorie in trasferta, tra cui uno spettacoloso 10-0 sul Portogallo, a Lisbona, e il 4-0 con cui era stata sbrigativamente annientata a Torino la Nazionale italiana. Era l'Inghilterra zeppa di fuoriclasse, con giocatori del peso di Stanley Matthews, Billy Wright, Stanley Mortensen, Tom Finney. Eppure, nella prima fase del torneo mondiale, dopo l'esordio positivo contro il Cile, fu sufficiente la rete segnata sul campo di Belo Horizonte da John Gaetyens per cacciare oltre Oceano la gioiosa macchina da guerra allestita dagli inventori del calcio moderno. La sconfitta degli inglesi per opera degli Stati Uniti fu, tecnicamente, la più imprevista della Coppa. Ma fu imparagonabile alla delusione, al lutto collettivo ed ai suicidi in massa di cui divenne preda l'intero Brasile dopo quella subita in finale dall'Uruguay, il 16 luglio, in uno stadio Maracaná stracolmo e ammutolito dal 2-1 con cui Juan Alberto Schiaffino prima e Alcides Ghiggia poi misero fine alla contesa. I due realizzatori sarebbero successivamente passati nelle file del calcio italiano, al Milan e alla Roma, alternativamente. Reduce dai successi nelle precedenti edizioni della Coppa nelle stagioni 1934-1938, e quindi campione in carica, sconfitta 3-2 nella partita d'esordio contro la Svezia, anche l'Italia chiuse malamente la trasferta brasiliana. Nella squadra scandinava era presente Hans Jeppson. L'anno successivo, trasferitosi primo all'Atalanta e subito al Napoli, avrebbe fatto registrare il primo ingaggio "over 100 milioni", 105, per l'esattezza, quanto pagato dal presidente Achille Lauro per il giocatore che la fulminea fantasia partenopea avrebbe immediatamente ribattezzato "Banco 'e Napule".  

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