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La caduta e il riscatto dell'eroe

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Ilciclismo è sempre salita. Talvolta discesa. Raramente pianura. Quando la strada si fa obliqua, questa vecchia disciplina popolare riscopre intatti uomini e imprese, e anche eroi, pure se toccati dalle tentazioni della farmacia. Su quelle strade, Marco Pantani fu contemporaneamente eroe e vittima, perché quei monti che erano stati sogno da costruire giorno dopo giorno svelarono di colpo la crudezza sciagurata di una realtà altra e mistificata. Eppure, rispetto ad altri protagonisti, anche quando compromesso l'eroe del ciclismo ha una dimensione che lo rende totalmente diverso dal prossimo. E la diversità nasce proprio quando la strada si fa obliqua, quando terra e asfalto diventano i peggiori nemici, l'ossigeno un elemento rarefatto e velenoso, la bicicletta un attrezzo sordo ai richiami delle fibre muscolari, e l'immanenza dello sforzo, comunque, un alibi e un riscatto. Accadeva nel ciclismo arcaico dei primi Novecento, accadeva con Bartali e Coppi, si rinnovò con la figura tragica del corridore di Cesenatico, si è ripetuto l'altro ieri con Ivan Basso sull'erta micidiale del Mortirolo, e ancora ieri, sul Gavia, nella tappa che ha confermato al vertice della classifica il corridore che in salita s'accende e in discesa si spegne. E, con la conferma della classifica, il segno infallibile di una realtà agonistica in cui, tra ricchezze e povertà, sono sempre le prime a prevalere.

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