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Daniele attacca, poi si scusa

Il ministro  degli Interni Roberto Maroni

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«Sono contrario alla tessera del tifoso, perché non mi piacciono le schedature. E poi in alcuni casi, viste le ultime vicende, servirebbe anche la tessera del poliziotto». Sono bastate queste poche parole di Daniele De Rossi, durante il ritiro della Nazionale al Sestriere, per alzare il classico polverone sul centrocampista della Roma, in breve finito nel mirino di Federazione, capo della Polizia e ministro degli Interni, con l'esponente del Pdl Roberto Cassinelli che si è spinto a chiederne l'esclusione dalla Nazionale in partenza per il Sudafrica «per dare l'esempio ai giovani su quali siano davvero gli esempi da seguire». Una serie di reazioni che ha spinto De Rossi - esortato anche da una telefonata di Abete - a fare parziale marcia indietro in serata, quando il giallorosso ha dettato all'Ansa le sue scuse alle forze dell'ordine per aver usato «un'espressione infelice». Che il centrocampista di Ostia fosse un personaggio poco incline alla diplomazia e sempre pronto ad affermazioni pesanti lo si sapeva, e lo avevano confermato anche le dichiarazioni rese poco prima sulla possibilità di passare al Real. Così, quando un giornalista gli ha chiesto un'opinione sulla tessera voluta dal ministro dell'Interno Maroni e in vigore dalla prossima stagione, De Rossi non si è fatto pregare: «Non è normale che dei tifosi vadano allo stadio con i coltelli - aveva aggiunto - ma neanche che un poliziotto prenda a pugni un ragazzo che non ha fatto niente». E ancora: «Il calcio è in mano agli ultras? Anche agli sponsor e alle televisioni, e in genere i tifosi devono essere considerati un aspetto positivo di questo sport». Apriti cielo. A reagire per primi sono i vari sindacati dei poliziotti, a partire da Sap e Siulp, il cui segretario generale Felice Romano ha accusato De Rossi di avere «poco rispetto per chi rischia la vita per la sicurezza dei cittadini e anche per fare arricchire gente come lui». E mentre a Trigoria i tifosi giallorossi, accorsi per acclamare un'ultima volta i propri beniamini, non perdevano occasione per criticare di nuovo la tessera, è stato Maroni a scendere in campo per difendere il proprio provvedimento: «Non condivido quanto detto da De Rossi, lui deve capire che in questo momento non è una persona qualunque, ma rappresenta l'Italia». A quel punto la Figc ha deciso di intervenire. Con la strada ufficiale e quella della diplomazia. Innanzitutto, è stato emesso un comunicato in cui la Federazione si è dissociata dalle parole del giocatore e ha espresso apprezzamento per l'opera della polizia. In secondo luogo Abete ha telefonato a De Rossi e lo ha convinto a scusarsi pubblicamente. Prima ancora, però, c'è stato il duro j'accuse del Capo della Polizia Antonio Manganelli: «Sono letteralmente indignato per una volgare strumentalizzazione di un episodio che deve ancora essere chiarito dalla magistratura», ha picconato Manganelli, riferendosi come aveva fatto il giocatore al caso Gugliotta. A quel punto le scuse di De Rossi sono sembrate un po' tardive, ma comunque utili per evitare che l'incendio divampasse ancora di più: «Le generalizzazioni sono sempre sbagliate - ha spiegato - non volevo mettere in discussione il ruolo delle Forze dell'Ordine e ho grande rispetto per l'impegno di tanti agenti e di tanti poliziotti che ogni domenica lavorano per garantire la sicurezza nel calcio». Pace fatta e si può tornare a parlare di calcio.

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