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Conta vincere senza pensare ai miracoli

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Secon due uomini in meno non concedi ai rivali una sola palla-gol, significa che quel primato solitario è tutt'altro che usurpato, che scalzare l'Inter da quel vertice sarà molto problematico. Certo, ai nerazzurri Tagliavento non ha fatto sconti, le espulsioni ci sono, a termini di regolamento, maggiore attenzione avrebbero reclamato le sceneggiate di Pozzi, altri episodi discutibili risolti quasi sempre a senso unico, logico che Mourinho non gradisse. La domenica vive sull'incrocio tra Roma e Sicilia, carico di motivazioni, differenti i livelli se si guarda alla classifica, uguale l'intensità. Sale all'Olimpico il Catania di Mihajlovic, prodigo di complimenti: magari non per Totti, ma per Ranieri che avrà gradito l'accostamento a Eriksson. Per ora è votato a cancellare la grigia parentesi ateniese, che ha riproposto cali di attenzioni dimenticati dopo la delusione di Cagliari. La Roma non deve lasciarsi distrarre da tentazioni di record che non siano direttamente finalizzate all'obiettivo principale della stagione, la promozione diretta alla prossima Champions League. Non sarà facile contro un Catania in serie positiva dopo il cambio di panchina e avvelenato per il pari interno con l'Atalanta con vistoso rigore negato. Ma più che sulla rivale di turno la Roma è chiamata a interrogarsi su se stessa e sulla capacità di mantenere quello straordinario livello di concentrazione che ha propiziato la prodigiosa scalata all'alta classifica. Perché, nonostante la ventata di ottimismo, forse perfino oltre le righe, propiziato dalla collezione di vittorie, non va dimenticato come la squadra abbia denunciato nell'ultimo periodo una innegabile flessione. Premiata oltre i meriti contro il Siena e a Firenze, la larga vittoria sul Palermo confortante nelle proporzioni quanto è bastato per far dimenticare un primo tempo sofferto. All'improvvisazione in attacco imposta dal doppio forfait di Totti e Toni, Ranieri deve aggiungere un ulteriore problema da risolvere, dopo che la serata nera di Atene gli ha tolto una delle fondamentali sicurezze degli ultimi mesi, quel Julio Sergio che aveva rappresentato una solida garanzia. Sembra scontata la fiducia a Doni, per non perdere un patrimonio della società, in attacco o Baptista o Menez, ma non è escluso un centrocampo folto con un'unica punta. Alla seconda uscita sulla panchina laziale, Edy Reja trova sulla sua strada Delio Rossi, i reciproci attestati di stima e amicizia saranno cancellati dalle esigenze di classifica che non consentono distrazioni. Non al Palermo, che continua a inseguire legittime ambizioni europee ad alto livello, ma neanche alla Lazio che ha intrapreso la risalita verso posizioni più adeguate.

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