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Tyson, "eroe" maledetto

Mike Tyson

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Purtroppo l'elenco delle imprese compiute da Mike Tyson nella sua vita comincia a comprendere un maggior numero di episodi che si sono verificati fuori dal ring rispetto a quelli della sua carriera pugilistica. Che consiste – è opportuno ricordarlo – di 56 incontri con un bilancio di 50 vittorie e 6 sconfitte, tutte subite prima del limite, tre negli ultimi quattro matches. Tyson l'ho conosciuto nel 1986, a Troy, una piccola cittadina vicina ad Albany, la capitale dello Stato di New York. Me ne aveva parlato Bill Cayton , il suo primo manager, che aveva anche la più grande collezione di filmati dei più importanti incontri della storia del pugilato. Con Cayton avevo un buon rapporto perché acquistavo da lui il materiale che mi serviva per le puntate della Grande Boxe, una serie fortunata che ho commentato per alcuni anni per Canale 5. Un giorno ero a New York per un torneo di tennis e sono andato a trovarlo nel suo ufficio della 40a strada. Mi ha detto di avere appena messo sotto contratto un giovane peso massimo che gli era stato consigliato da Cus D'Amato, l'ex manager di Floyd Patterson, che era stato il più giovane campione del mondo della più prestigiosa categoria di peso.   «Voglio fartelo vedere» mi ha detto Cayton ed ha messo nel videoregistratore una cassetta che comprendeva i primi 10 incontri della sua scoperta Dopo due minuti e due fulminanti k.o. ho detto a Cayton che poteva bastare e gli ho chiesto quanto voleva per quella cassetta. Mi ha chiesto 12.500 dollari. Affare fatto ma ho domandato in cambio di avere i diritti TV per i successivi incontri del suo pugile. Questa è la ragione per cui Tyson è stato visto per la prima volta in Italia su Canale 5, la rete della quale dirigevo all'epoca i servizi sportivi. Nel luglio del 1986 si è presentata l'opportunità di v edere dal vivo il mio nuovo «acquisto». Affrontava a Troy (due ore di macchina dall'aeroporto Kennedy di New York) Marvis Frazier, il figlio dell'ex rivale di Ali. Questa parentela è costata al giovane Marvis due terribili k.o. Uno glielo aveva inflitto a Toronto Larry Homes ed anche questo lo avevo commentato per Canale 5. Era durato pochissimo perché Frazier jr. era crollato sul primo destro di Holmes. E' stata una scena imbarazzante ma anche significativa. Frazier si era rialzato ma non era assolutamente in grado di combattere. Poiché l'arbitro non si decideva ad intervenire, Holmes si limitava a colpire con benevoli buffetti di sinistro il suo avversario, mentre con il destro invitava l'arbitro a fermare il match finalmente concluso poco qualche interminabile secondo. Il match con Tyson è stato ancora più breve, 30 secondi compresi quelli del k.o. Tyson era ancora un bamboccione, inesperto ed impacciato. Era nato nel quartiere più povero di New York, non aveva conosciuto suo padre, D'Amato lo aveva trovato in un carcere minorile dove il giovane Tyson era finito più volte, per una serie di piccole infrazioni, dal furto alla rapina a mano armata. Mike fu comunque molto gentile ed accettò un'intervista di mezz'ora.   Me ne accolse un'altra a New York un anno dopo al Madison Square Garden. Ormai era celebre e meno accessibile ma ho imparato come sia importante conoscere i grandi personaggi dello sport prima che diventino popolari. Con Tyson ho una fotografia che è stata la copertina del libro («Trent'anni a Bordo Ring») che ho pubblicato per Rizzoli. Quella foto era stata scattata il mattino del 22 novembre 1986, poche ore prima che Tyson diventasse il più giovane campione dei pesi massimi nella storia della boxe. Il resto è cronaca ed un po' anche leggenda. Nel 1991 Tyson è venuto in Italia ed è stato mio ospite a Canale 5. In studio con Don King abbiamo commentato gli episodi più significativi della sua carriera, compresa la sconfitta con Douglas a Tokyo, probabilmente una delle più grosse sorprese in tutta la storia dello sport, non solo del pugilato. L'ho anche accompagnato ad Arcore, a casa di Berlusconi per una colazione.   Ero preoccupato perché non sapevo come si sarebbe comportato un giovane cresciuto senza guida e senza educazione ma Tyson è stato perfetto. Berlusconi gli ha anche regalato l'orologio che aveva al polso e che gli ricordava un successo del Milan. Il resto è cronaca ed anche leggenda. Ci sono stati tre anni di carcere per un incidente con una partecipante al concorso di Miss America Nera, il ritorno sul ring ed al titolo, le due terribili sconfitte con Evander Holyfield (quello dell'orecchio mi ha fatto perdere un giorno del torneo di Wimbledon), poi il declino, rapido e doloroso. Per inserire Tyson nella lista dei migliori 12 pesi massimi (sarà compresa nel mio prossimo libro: «Da Kinshasa a Las Vegas, via Wimbledon» in uscita per Limina tra qualche settimana) ho dovuto accreditargli il ruolo che Tyson ha avuto nelle vicende pugilistiche e no degli ultimi 20 anni. Non ho difficoltà ad ammettere di avere sbagliato valutazione sul conto di questo fenomeno. Sono rimasto affascinato dall'aggressività che sapeva esprimere. I suoi avversari rimanevano terrorizzati (qualcuno, compreso Spinks, si è lasciato mettere k.o. per evitare una punizione più severa) ma appena ha trovato qualcuno che come Holyfield non ha chiuso gli occhi, ha dimostrato i suoi limiti. L'episodio dell'orecchio è significativo. Tyson ha intepretato la boxe (ma anche la vita) come una rissa, nella quale valeva tutto ed inevitabilmente, più di una volta, è finito k.o. o semplicemente fuori strada.

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