Roma, muro contro muro
Altro che trattativa a oltranza, ora il futuro della Roma deve passare per una vera e propria battaglia. Da una parte la famiglia Sensi, legittima proprietaria del 67% del pacchetto azionario e affiancata da Mediobanca (e non solo), dall'altra Francesco Angelini, aspirante padrone del club giallorosso, spalleggiato da Unicredit. Due «schieramenti» che non trovano punti d'incontro, con la conseguenza di rinviare l'epilogo di una telenovela iniziata più di due anni fa. La banca guidata da Alessandro Profumo, azionista al 49% di Italpetroli e creditrice verso la stessa di circa 300 milioni sui 377 complessivi (interessi esclusi) dell'esposizione debitoria verso gli istituti di credito, ha avviato la nuova strategia per far valere le proprie ragioni: ha deciso di appoggiare Angelini nella corsa alla Roma e nel frattempo avrebbe già inviato le lettere al giudice civile per ottenere il decreto ingiuntivo sugli asset dei Sensi, club di calcio escluso. Se quindi il futuro di Italpetroli si deciderà in tribunale, lo stesso non accadrà per la Roma. Il «patto» tra Unicredit e Angelini è stato sancito giovedì scorso in un incontro a cui hanno partecipato, oltre all'industriale romano, due dirigenti del gruppo farmaceutico e il deputy-ceo della banca Paolo Fiorentino. La prossima mossa spetta ad Angelini. Dopo aver illustrato la bozza del suo progetto di acquisto e rilancio della Roma che ha convinto la banca, adesso deve compiere il passo decisivo: formulare un'offerta vincolante, con tanto di comunicazione al mercato, per l'acquisto delle azioni in mano ai Sensi. Unicredit lo considera un compratore affidabile sotto tutti gli aspetti, attende nuovi segnali entro questa settimana ed è pronta a sostenere in ogni modo (anche economico) l'imprenditore romano, in modo da convincere i Sensi a cedere il club e coprire in questo modo una buona parte dei debiti, aspettando che si concluda la lunga battaglia legale sugli altri asset. Passeranno dei mesi prima che il giudice faccia partire il decreto ingiuntivo e la conseguente vendita coatta dei beni di Italpetroli (comparto petrolifero e immobiliare). Ma dall'altro «fronte» arrivano segnali altrettanto battaglieri. Mentre la famiglia Sensi sta meditando le contromosse insieme ai legali e a Mediobanca, è netta e decisa la chiusura verso Angelini. Antichi contrasti e il modus operandi dell'imprenditore negli ultimi mesi, non gradito a Villa Pacelli, hanno fatto sì che si alzasse un muro tra le parti. Non solo. C'è un'ampia forbice tra la valutazione che l'attuale proprietà fa del 67% di As Roma - 200 milioni di euro - e quella calcolata da Angelini dopo gli studi condotti dai suoi advisor: 130 milioni, oltre alla cifra da destinare all'Opa. L'intenzione dei Sensi è chiara: l'eventuale vendita della società deve portare ad un azzeramento dell'esposizione di Italpetroli. Serve quindi un'offerta molto più alta di quella che ha in mente Angelini. Oppure un accordo con Unicredit. La seconda ipotesi al momento è un miraggio: i rapporti tra la famiglia e la banca sono ai minimi termini dopo che non è stato onorato il pagamento delle rate pattuite nel piano di rientro del debito (130 milioni sarebbero dovuti arrivare lo scorso dicembre) e che i Sensi, invece di impegnarsi nella ricerca di soluzioni concrete, hanno chiesto a Mediobanca di fare da scudo. Obiettivo raggiunto, vedi la mancata nomina del supermanager che avrebbe dovuto guidare la cessione della Roma. Angelini, intanto, cerca partner (Caltagirone?) da coinvolgere nella costruzione dello stadio. Sta facendo sul serio ma vuole acquistare la società alle sue condizioni. Che non sono quelle del venditore. È muro contro muro, ma al futuro della Roma chi ci pensa?