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Molti osservatori neutrali, ma anche molti fra noi tifosi laziali, attribuiscono alla partita di stasera il ruolo di spartiacque, di bivio.

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Ionon sono d'accordo, né come osservatore né come tifoso. Da osservatore affermo, convinto, che non è il risultato di una partita – specie se importante ma non epocale, come questa – a poter deviare o addirittura invertire una marcia la cui direzione e il cui ritmo mi sembrano ormai consolidati (piccoli passi verso una stabile posizione a ridosso delle grandi tradizionali). Da tifoso non posso non rilevare come a conferire maggior enfasi all'evento, e dunque al suo risultato, sia proprio la corrente – peraltro maggioritaria – composta da chi diffida di Lotito e rimpiange l'era-Cragnotti. A mio parere, questi miei correligionari hanno il grosso difetto di ignorare la realtà e di pensare che l'irripetibile possa ripetersi, che quanto fu concesso a Cragnotti nell'era della finanza facile possa venir magicamente replicato da qualche misterioso «mister X» a dispetto del fatto che oggi viviamo nell'era della crisi e dei controlli. Per loro un presidente deve «caccia' i sordi» e dunque, poiché da questo punto di vista Lotito è il peggiore dei presidenti possibili, ben venga la partita-spartiacque: se si vince Lotito si sentirà in qualche modo costretto a metter mano al portafoglio per non vanificare tutto; se si perde ci sarà un motivo in più per contestarlo, sperando che se ne vada. I laziali realisti come me – la minoranza – pensano invece che la partita di stasera sia una partita più importante di tutte le altre che abbiamo giocato quest'anno ma non fatidica. Allo stadio ci spelleremo le mani e ci rovineremo la gola per buoni ma semplici motivi: a) specchiarci nella faccia sana della nostra schizofrenica squadra, alla quale in fondo in fondo assomigliamo tutti; b) chiudere la stagione con un trofeo da agitare sotto al naso dei cugini-"zero tituli"; c) goderci una magica notte del maggio romano; d) conquistarci qualche giovedì europeo davanti alla televisione. Ma per il resto noi laziali di minoranza resteremo dello stesso parere. Che, cioè, si vinca o si perda è necessario cambiare un allenatore che non ha saputo gestire appieno il potenziale di una squadra capace di battere tutte le grandi, Inter esclusa. E che, allo stesso tempo, il vero spartiacque è nel nostro futuro: la realizzazione dello stadio in cui tutte le anime della nostra antica società polisportiva possano finalmente riunirsi in un unico corpo. Un traguardo che è meglio di una Coppa Italia e persino, credetemi, di uno scudetto.

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