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Lega, la serie A divorzia dalla cadetteria

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È la sconfitta dell'intramontabile Antonio Matarrese, che fino alla fine ha cercato di essere rieletto e tenere uniti i 42 presidenti di A e di B. Ma è anche la debacle delle società cadette, che hanno tirato la corda il più possibile per accaparrarsi una fetta importante dei soldi dei diritti televisivi fino a ché questa corda si è spezzata. Lo strappo, voluto da tutte le società di A meno che il Lecce, non sarà automatico. L'effetto più immediato sarà la convocazione da parte della Federcalcio dell'assemblea dei revisori dei conti, chiamata a indicare una nuova data per tentare di eleggere il presidente di Lega. Una formalità, perché difficilmente a metà maggio saranno state sanate quelle fratture che hanno fatto precipitare la situazione. A quel punto sarà nominato un commissario, che dovrà gestire la transizione e la creazione di due nuove leghe: quella di A e quella di B. Il tutto dovrebbe concludersi, secondo le intenzioni di Adriano Galliani, entro luglio 2010. Sino a quel momento, la ripartizione dei soldi tra le due categorie andrà avanti secondo la mutualità attualmente in vigore. Per il ruolo di commissario circolano diversi nomi già da alcune settimane. Sono quelli di Franco Carraro - che però dopo Calciopoli aveva giurato di non voler più rientrare nel mondo del pallone -, di Luca Pancalli - specializzato, dopo la Figc, a salvare situazioni «disperate» -, Raffaele Pagnozzi - vicesegretario Coni fedelissimo di Petrucci - e Giovanni Malagò. Lo strappo si è consumato all'assemblea di Lega in via Rosellini, a Milano. I presidenti si erano riuniti per tentare, per la quarta volta in due mesi, di eleggere il proprio presidente. Un'eventualità che, in realtà, è sempre stata molto improbabile, tanto che nessuno dei due candidati, Matarrese e Beretta, aveva presentato un programma «elettorale». Prima c'era da approvare il nuovo regolamento, ma è andato tutto come previsto. Nè quello voluto dalla A - che affidava la gestione dei soldi dei diritti televisivi solo ai presidenti della massima serie - nè la proposta della B - gestione colleggiale - hanno raggiunto il quorum necessario dei due terzi. A quel punto si è consumata la fronda, con la votazione sulla scissione e l'elezione di Maurizio Beretta - ex direttore generale di Confindustria nonché braccio destro di Montezemolo - a presidente della futura Lega di A. I nodi da sciogliere sono tanti, primo tra tutti quello relativo alla legge Melandri, che può essere considerata anche la miccia che ha fatto esplodere il conflitto. È possibile conciliare la vendita collettiva dei diritti televisivi con la presenza di due leghe diverse? Beretta ha annunciato che se ne parlerà già nei prossimi giorni e ha ricordato come anche nelle altre nazioni europee le serie maggiori si siano dotate di organismi propri, a partire da quella Premier League spesso citata come modello manageriale. Ma c'è anche l'incognita della serie B i cui presidenti, come era facile aspettarsi, hanno aspramente criticato la scissione e adesso dovranno risollevare da soli le sorti di un torneo ai minimi storici di appeal, basti pensare che i posticipi su Sky raccolgono di solito poco più dello 0.3% di share. C'è infine il tramonto di Antonio Matarrese. Non è bastata una lunga campagna elettorale, non è bastato il fitto intreccio di rapporti che ha sempre vantato nel mondo del calcio. Non è servito neanche l'essere stato uno dei fautori dell'accordo con Infront, che ha garantito al calcio almeno 900 milioni di euro all'anno dalla vendita dei diritti televisivi. I presidenti di A l'hanno scaricato, ma è presto per intonargli il canto del cigno. I veri democristiani trovano sempre il modo di rialzarsi.

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