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C'era una volta la nuova Juve.

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Quellache dopo una lunga rincorsa era riuscita a riaffacciarsi anche nell'Europa che conta. Un progetto, una società, un allenatore, una squadra. In poche settimane tutto è finito. Una proprietà distante, una società spaccata, un allenatore messo palesemente in discussione, un acquisto, quello di Fabio Cannavaro, negato dai tifosi che lo «odiano» cordialmente, e il crespucolo di risultati e passioni. Che sfociano nelle contestazioni a tutto e tutti. Mercoledì a Torino, dopo il tonfo fragoroso con la Lazio, ieri a Reggio Calabria quando contro l'ultima della classe ha rischiato lo smacco clamoroso. Ranieri discusso, delegittimato dalla società che incontra Lippi e non riesce nemmeno a farlo di nascosto, le voci su Conte, un finale di stagione sfilacciato. La crisi bianconera che vede sfuggire anche il secondo posto, racchiude tanti aspetti di un calcio che non ammette errori. Così, in questo frullatore d'emozioni, restano dei singoli che provano a camminare a testa alta. Il primo, Claudio Ranieri: un tecnico con i suoi limiti, certo, ma spinto su una graticola vergognosa per un club che un tempo faceva da esempio per il suo stile. Una proprietà scontenta, una società dove molte risorse - anche preziose e importanti (Montali) - pensano di andar via, un allenatore che attende che la fine di tutto conceda la possibilità di dire la verità. Ovvero, che a marzo Blanc non incontra Lippi per parlare del futuro della Juve: Cannavaro e possibili future direzione tecniche. Uno scivolone davanti al quale il tecnico esce da assoluto vincitore.

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