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Un imprenditore tedesco per la Roma

Friedrich Christian Flick

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{{IMG_SX}}Almeno a sentire le ultime indiscrezioni (impossibile al momento non definirle tali vista la quotazione in Borsa) che darebbero di nuovo la famiglia Sensi sull'orlo della cessione. Rumors immediatamente smentiti dalla società o meglio dalla Compagnia Italpetroli controllante indiretta del club giallorosso che con la Consob ha ancora una partita aperta da "sorvegliata speciale" in seguito alle vicende che coinvolsero la scorsa estate il magnate americano Soros. Ma dopo l'oligarca russo, e lo zio d'America, ora sarebbe la volta dell'ereditiero tedesco. Il fondo pronto a fare il passo decisivo a cifre definite dai bene informati «irrifiutabili» farebbe capo a Friedrich Christian Flick, detto Mick, tedesco di nascita ma da tempo con residenza fiscale in Svizzera, erede della dinastia Flick: di fatto la famiglia che armò Hitler. Già, perché il nonno di Mick, oltre ad esser stato membro del partito nazista e maggior produttore di armi nel periodo bellico, fu uno dei più grandi industriali del Terzo Reich. Da lì fondà il suo impero che ancora oggi controlla diverse società nel settore del carbone, dell'acciaio, del petrolio e che deteniete una quota, seppur minoritaria, di Daimler (avete presente Mercedes?). Il nipotino Mick, classe 1944, due matrimoni e tre figli, collezionista d'arte, si è dissociato ovviamente dal passato burrascoso del nonno (ha fondato una associazione contro il razzismo, la xenofobia e l'intolleranza) ma avendo ereditato tutto assieme ai due fratelli, resta uno degli uomini più ricchi del pianeta. Dettagli che rendono bene l'idea: un divorzio con l'ex moglie (una contessa, Maya) che gli ha chiesto 23 miliardi di risarcimento, una cessione di proprietà industriali alla Deutsche Bank nel 1986 per 2.5 mliardi di dollari e un patrimonio stimato (nel 2004) in 500 milioni di euro. Basta? Ovviamente sì, soprattutto per far volare la fantasia di una piazza, quella romana, che già in passato aveva trasformato affaristi d'altro mondo in eroi degni di un mezzobusto al Pincio. Ma tra il «sembra» e la realtà c'è di mezzo ancora una trattativa tutta ancora da definire con vari ostacoli e non solo di natura economica. Perché i Sensi non vorrebbero uscire totalmente dalla società ma restare, almeno in parte, alla guida del club con il quale il capostipite Franco ha scritto un pezzo di storia della città (ieri la moglie Maria insieme a Rosella ha ritirato una targa in sua memoria dal sindaco Alemanno in Campidoglio). Il nodo economico è legato invece alla fattibilità della stadio: «Non vogliamo andare di fretta per paura di sbagliare» aveva detto a chi la incalzava sull'assenza di un progetto Rosella Sensi qualche giorno addietro. Ora invece la società giallorossa sembra aver fretta eccome e non a caso ci sarebbe già pronto un progetto (modello Arsenal) da presentare al più presto (entro le prossimo due o tre settimane) e che diventerebbe cardine fondamentale per trattare con Flick: o meglio con la cordata che a lui fa capo e nella quale ci sarebbe anche un manager svizzero di mezzo. Altra «coincidenza» il piano di ritrutturazione affidato dai Sensi alla banca Lazard: tra gli asset da cedere c'è molta roba, anche il terreno di Torrevecchia (al momento bloccato dal nuovo piano regolatore e che ha ricevuto la momento la sospensiva) ma non c'è la Roma. Intanto, tra una smentita (che poi a leggerla bene era sembrata più una conferma) e un po' di fantapolitica, il titolo giallorosso è schizzato nuovamente alle stelle e le azioni del club hanno chiuso guadagnando il 19,45% a 0,7 euro. E a Trigoria? Bocche cucite, si parla solo con comunicati ufficiali. L'unico a dire qualcosa, a margine dell'esposizione in Campidoglio della Champions League, è Bruno Conti che va sul sicuro: «Non ne so nulla, c'è solo un presidente: Rosella Sensi». Vero... almeno per il momento.

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