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Ciclone De Rossi

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All'allenatore vanno riconosciuti più meriti di quelli che ora tutti ricordano», tuona il giocatore prima di schierarsi anche al fianco di Alberto Aquilani, del quale rivela: «Non è felice». Perché Roma giallorossa è città onnivora, nello stesso piatto passioni pantagrueliche e fiele. Dal suo compagno in giallorosso fino a Pepe, ex Roma ora in azzurro, De Rossi può parlare a ragione di gioventù a rischio bruciatura: al Mondiale la sua carriera stava per crollare, causa una gomitata da quattro giornate di squalifica. «Avevo il numero 4, lo stesso tenuto alla Roma quando ci salvammo all'ultima giornata: non ci bado molto, ma è evidente che non lo scelgo più...», dice ribadendo la convinzione che quell'anno da brivido, prima dell'avvento di Spalletti, stavolta non si ripeterà. E si capisce che è un modo per domare «la piazza», come la chiama ragazzo che ha scelto Roma come unico grande amore, senza paura di non crescere più. Pur sapendo quel che stava per succedere a giovani talenti come Pepe. «È stato grandissimo merito suo essere esploso lontano da Roma», puntualizza De Rossi - Roma è città passionale, ma se abbiamo perso giocatori come lui è per la piazza. Se cinque anni fa la squadra si fosse presentata in ritiro con il sottoscritto, Aquilani, Bovo, Ferronetti, D'Agostino, Pepe, ci avrebbero preso a pernacchie. Ma i giovani hanno bisogno di tempo. Vendendone alcuni, sono arrivati altri giocatori: non sta a me dire se è stato un errore ma qualcuno potrebbe dire "ho sbagliato"». Poi torna sulla crisi giallorossa. «In questo momento ai tifosi va chiesto di giudicarci in campo, ci fischino se lo meritiamo, ma lascino stare altre storie. Aquilani ha detto di voler restare ma si parla sempre del suo rinnovo di contratto come se non dovesse arrivare. È un accanimento ingiusto. Non si deve chiedere a noi romani di fare gli eroi: la nostra responsabilità ce la prendiamo, ma è ingiusto verso gli altri. Ci teniamo tutti, romani o brasiliani». Altro "accanimento", quello estivo su Spalletti-Chelsea: «Non mi interessa neanche sapere se e cosa è successo - precisa De Rossi - non conta, non glielo ho chiesto. Sapeste quanti giocatori a Natale parlano con altre squadre...Le parole di Rosella Sensi su chi sta con l'allenatore? Era un discorso generico, per confermare fiducia nel tecnico. C'è però un angolo della "piazza" che mi sta a cuore: è la Curva Sud, che ha preso posizione precisando di non volerci contestare ma stare vicino. È come se l'avessi scritto con le mie mani, quel comunicato». Roma non è solo un limite, dunque. «Dire questo per me equivarrebbe a una bestemmia - la replica di De Rossi - certo, Totti al Real avrebbe vinto trofei e Palloni d'Oro. Poteva farlo, non ha voluto. Così anche io. Senza la Roma non sarei il giocatore che sono, con un'altra maglia non sarei così felice. Il mio amore resta intatto, sia che la società compri 11 campioni o nessuno». Per questo pensa alla sfida con l'Inter alla ripresa del campionato come a una chance di riscatto: «Mourinho mi piace - dice - è intelligente e bravo. L'Inter è la squadra più forte d'Italia, o forse del mondo. Noi però l'abbiamo già battuta, e un risultato sarebbe la spinta per tutta la stagione». Forse ancora senza Totti, e «la sua assenza si fa sentire», ammette il capitano in seconda. Al quale anche in azzurro toccherà in Bulgaria domani e poi contro il Montenegro ruolo di leader. «I complimenti di Lippi dopo Udine mi hanno inorgoglito - dice ricordando i due gol, la dedica al suocero ucciso e il paragone con Gerrard e Lampard - altri discorsi, li lascio da parte: hanno creato malintesi, e il dolore di una persona non andrebbe mai giudicato».

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