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Simone Pieretti [email protected] Rossi traccia una ...

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«Si è chiuso un ciclo - ha dichiarato ieri il tecnico laziale - ora ne apriremo un altro». Rossi inizia il suo confronto chiedendo scusa ai tifosi, vicini nel momento cruciale della stagione ma sempre più disamorati, distanti, distaccati. «L'attaccamento dei nostri sostenitori non è legato ai risultati: paradossalmente ci sono stati vicini più nella cattiva sorte che in quella buona. Nell'ambiente c'è uno scollamento che va avanti da tempo, è necessario tornare a mettere la Lazio al centro di tutto, davanti a tutto». Rossi passa al vaglio i risultati sportivi della squadra, recriminando per un girone d'andata avaro di punti. «Abbiamo chiuso a quota 19 punti - ammette l'allenatore - se nel ritorno avessimo fatto altrettanto male avremmo rischiato di retrocedere. Fortunatamente è andata diversamente, abbiamo fatto 27 punti». Rammarico, ma anche dati oggettivi: tra il girone d'andata e quello di ritorno la società ha messo mano al portafoglio, ha preso 4 giocatori, ha di fatto rimediato al disastro combinato in estate dagli stessi dirigenti. Troppo tardi: Bianchi, Radu, Rozehnal e Dado sono arrivati a giochi fatti, con la squadra fuori da tutto, eccetto la coppa Italia. «Non siamo stati fortunati nei momenti chiave: se la sorte ci avesse assistito con l'Olimpiakos, avremmo potuto dare un senso alla stagione, anche se la squadra non era attrezzata per andare avanti». Archiviato il passato, si guarda avanti: «La società conosce le mie idee e le mie esigenze, ma non è compito mio andare a comprare i giocatori. Il tetto ingaggi è un limite, inutile negarlo, non mi va di raccontare favole alla gente, ma fa parte della politica societaria. Lotito conosce le mie idee, sarebbe inutile trattenere giocatori che non hanno voglia di restare, voglio calciatori che considerino la Lazio un punto d'arrivo, che mettano la squadra davanti agli interessi personali. Non abbiamo più bonus con la gente, ce lo siamo giocato quest'anno: voglio un gruppo granitico, dentro e fuori dal campo. Poi io posso dare dei consigli alla società, ma non sta a me portarli a termine, altrimenti sarei un manager all'inglese. Non datemi poteri e responsabilità che non ho, che non mi competono». Rossi tiene ben saldi i piedi per terra: conosce i limiti della sua società e dei suoi dirigenti. «Capisco i tifosi, fino a sette anni fa la Lazio di Cragnotti aveva i giocatori più forti del mondo. Il punto di riferimento dei nostri sostenitori resta quello, ma ora sarebbe impossibile a tornare a quei livelli. Rinnovo? Io resto qui perchè ho fiducia in un progetto: se Lotito mi rinnova il contratto, bene. Se non lo rinnova pazienza: per me non è un problema». Sarà un matrimonio di convenienza, non d'amore: la società vuol rispettare il contratto in essere, poi chissà.

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