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L'impronta del Napoli sul titolo

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E dunque il «Pocho» e il «Panterone» - oggi idolatrati dall'orgoglioso popolo napoletano - hanno equamente distribuito le loro non banali risorse a tutte le «grandi» del campionato, compresa quella Juve che fu clamorosamente sconfitta. Il che basta a dimostrare che il clamoroso successo degli azzurri non è motivato soltanto da una serata storta dell'Inter: per motivi che richiederebbero una profonda analisi tecnico-tattica, ma che personalmente vedo piuttosto suscitati da situazioni psicologiche e ambientali, il Napoli riesce ad armarsi al meglio soltanto in occasione di confronti ad alto livello mentre cade in prestazioni disperanti davanti alle cenerentole del torneo. È un tipico atteggiamento da nobili decaduti, un certo snobismo «maradoniano» ch'era del tutto scomparso in serie B e che si è rifatto vivo dopo la promozione in A con una inattesa inversione di marcia: il Napoli andava prendendo punti in trasferta e riservava al pubblico amico penose esibizioni difensive; ora, sessantamila entusiasti - un pubblico che ha eguali soltanto in casa giallorossa - pretendono che la serie aperta dall'Inter abbia un seguito adeguato. Storico. Aperte le porte della speranza alla Roma, chiuderle subito nel prossimo confronto diretto, per continuare la serie magica con Juventus e Fiorentina. Non so - pur essendo un attento osservatore dell'avventuroso cammino del Napoli - quanto possa essere realizzabile un così ambizioso percorso. E' certo che, dopo l'intervallo madrileno, Spalletti dovrà preparare i suoi a un impegno fino a poche ore fa impensabile: lo scudetto è di nuovo a portata di una Roma che ha finalmente recuperato il suo capitano, a Napoli alla gara numero 500. Deve andare a coglierlo al San Paolo appena tornata dal Bernabeu. Per una squadra ben attrezzata, un invito a nozze. Mai come in questo caso - una stagione che si gioca fra Madrid e Napoli - vale lo slogan che ho coniato tanti anni fa: vincere aiuta a vincere.

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