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Kakà dopo il Pallone d'oro sogna la «fascia» del Milan

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«Del Milan voglio diventare il capitano e la bandiera». E poi: «ho vinto io perchè sono stato più decisivo di Cristiano Ronaldo e Messi». Kakà rispetta alla perfezione il ruolo ormai consolidato di bravo ragazzo, corretto, religioso ed elegante, con un completo nero che fa onore alla sua esperienza di modello per Armani. Anche la consegna del Pallone d'oro sembra perfetta e inappuntabile. La cerimonia è cambiata, non si svolge più nella redazione del giornale ideatore del premio, France Football, ma negli studi televisivi di Tf1, in diretta e con i giornalisti in una saletta attigua a seguire su maxischermo. Tutto è più scintillante e ben preparato, si celebra il podio più giovane mai eletto dalla giuria del Pallone d'oro: Kakà-Ronaldo-Messi, 25, 23 e 20 anni. Gerard Ernault, il direttore di France Football che è un veterano, ci tiene a ricordare la media di 33 anni del trio scelto nel 1956: Matthews-Di Stefano-Kopa. Kakà si presenta con mamma, moglie e fratello, un quadro idilliaco che viene completato dai padri tutelari (Rai, il suo ideale, che l'ha lanciato nel San Paolo) e dagli amici brasiliani (Juninho in diretta da Lione). Kakà ha una parola buona per tutti, ringrazia i familiari e i compagni di squadra, fa la felicità di Adriano Galliani, presente in studio, giurando fedeltà alla maglia rossonera. Capitolo secondo, cambia la scenografia e Kakà abbandona lo studio e con il Pallone d'oro sottobraccio arriva nel piccolo anfiteatro dove lo aspettano i giornalisti. Il campione è subito più a suo agio. «Dove terrò il Pallone d'oro? Stasera sicuro ai piedi del letto, così quando apro gli occhi me lo vedo subito lì». Qualcuno gli dice che lo sapeva da mesi. «Pensavo di essere tra i favoriti, me lo avevano detto, ma il Pallone d'oro l'ho vinto soltanto oggi, perchè me l'hanno dato e finalmente è mio. Che cosa ho di più di Cristiano Ronaldo e Messi? Sono stato più decisivo di loro». Poi spiega meglio. «Con il Manchester abbiamo giocato una fantastica semifinale in Champions League, in quell'occasione io ho fatto gol e ho fatto vincere la mia squadra, lui no». Quanto a Messi, il fenomeno argentino «paga il fatto di non aver vinto niente di importante». Kakà e il futuro. «La situazione si è incasinata dopo che ho avuto alcune offerte. Ma io voglio diventare il capitano del Milan, voglio essere la bandiera di questa squadra e vestire questa maglia per tanti anni ancora». Ma quello che sta succedendo al calcio in Italia potrebbe convincerlo a emigrare? Kakà ricorda di aver detto parole pesanti nei giorni seguiti alla morte di Gabriele Sandri. «Non volevo essere ingrato con il paese che mi ha portato a vincere tanto. È stato solo un allarme che ho voluto lanciare perchè voglio che il calcio italiano migliori». In serata Kakà, di ritorno da Parigi, ha festeggiato a Milano accolto dal calore di tanti tifosi rossoneri. Il giocatore, in smoking, si è affacciato dal terzo piano del palazzo antistante il Duomo di Milano, mostrando a tutti il suo trofeo. Sul balcone con Kakà c'erano anche il fratello e compagno di squadra Digao e il dirigente rossonero Leonardo.

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